Intramoenia, stop dalla Regione Campania: «Prima i pazienti in lista d'attesa»

Circolare da Palazzo Santa Lucia per tutti i direttori generali: riequilibrare le prestazioni

Campania, stop all'intramoenia se ci sono troppi pazienti in lista d'attesa
Liste di attesa troppo lunghe in Campania, non solo per i ricoveri programmabili ma anche per la cosiddetta specialistica ambulatoriale e la Regione fa scattare il semaforo rosso...

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Liste di attesa troppo lunghe in Campania, non solo per i ricoveri programmabili ma anche per la cosiddetta specialistica ambulatoriale e la Regione fa scattare il semaforo rosso all’intramoenia per evitare che diventi un’opzione percorribile solo da chi può mettere mano al portafogli. Nel mirino ci sono le attività di diagnostica (radiologica e strumentale, analisi di laboratorio, Tac, Risonanze, artroscopia, ecografie ecc e le attività cliniche e ambulatoriali assicurate dagli specialisti (o comunque sotto la loro responsabilità) in ambulatori e laboratori territoriali o ospedalieri (visite, controlli, radioterapia, medicazioni, suture, attività di piccola chirurgia, dialisi, trattamenti odontoiatrici, gessi e psicoterapia, riabilitazione e così via). 



A mettere nero su bianco la nuova disposizione è una nota di palazzo Santa Lucia diramata a tutti i direttori generali. Lo stop deve scattare «in caso di accertato superamento del rapporto tra attività in intramoenia e istituzionale (la prima per legge non può mai essere superiore alla seconda ndr) o di accertato sforamento dei tempi massimi di attesa». In questo caso i manager dovranno sospendere ad horas il diritto del personale ad erogare prestazioni in regime libero professionale fino al riequilibrio dell’offerta. La premessa è la verifica di uno sbilancio della proporzione per alcune prestazioni sentinella a favore del regime privato. Come è noto la libera professione chiamata “intramoenia” si riferisce alle prestazioni erogate al di fuori del normale orario di lavoro dai medici di un ospedale o una Asl i quali utilizzano ambulatori e strutture dell’ospedale stesso a fronte del pagamento di una tariffa. Il medico è tenuto al rilascio di regolare fattura e la spesa, come tutte quelle sanitarie, è detraibile dalle imposte. Le prestazioni sono generalmente le medesime che il medico deve erogare, sulla base del suo contratto di lavoro, attraverso la normale operatività come medico pubblico. Visite e analisi (ma anche interventi chirurgici) in regime di intramoenia garantiscono al cittadino la possibilità di scegliere il medico ma non consentono di aggirare le liste di attesa. 

Sulla questione il fronte intersindacale della dirigenza medica reclama per un automatismo non previsto dalla legge che invece prevede invece una verifica che coinvolga la parte medica e che incida soprattutto sui livelli organizzativi. «La norma - avverte Antonio De Falco della Cimo - prevede la sospensione dell’attività libero professionale come evento eccezionale e solo dopo un adeguamento del piano di produzione alle necessità organizzative e alle richieste dell’utenza. Già durante la pandemia questo diritto del professionista medico è stata negata ora si tratta di aumentare l’offerta. Molti colleghi sono sottratti invece alla loro attività in reparto per coprire i buchi in pronto soccorso. Con questo stop forzato sono sempre i medici ad essere tartassati e questo alimenterà ancora più la dissertazione dei concorsi e la fuga dalla sanità pubblica verso il privato». 

In Campania il nodo da sciogliere è il reclutamento del personale: le norme nazionali vincolano le assunzioni ai paletti del “Piano di rientro” (dotazione del 2004 meno l’1,4%). Non è un caso che la Ragioneria generale dello Stato certifichi che la Campania ha affrontato la pandemia con la più bassa dotazione di personale sanitario (pubblico e privato accreditato) d’Italia. A condividere la scelta della Regione c’è invece la Cgil medici e Funzione pubblica che considerano «condivisibile il provvedimento che interviene su uno dei principali nodi strutturali che influenzano la migrazione sanitaria e la rinuncia alle cure da parte di cittadini in disagio sociale». Diversi studi hanno dimostrato - documenta il sindacato - una correlazione tra aumento delle liste di attesa e ricorso al privato delle famiglie negli ultimi 10 anni. «Sappiamo bene che le lunghe liste d’attesa hanno diverse cause - conclude - come mancato turn over e blocco delle assunzioni ma il ripiego sul privato è percepito come la forma più odiosa e discriminante».

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Il Mattino