La Campania dice no alle trivelle: ricerche mai autorizzate, petrolio e gas restano nel sottosuolo

Contro anche il governatore De Luca​: «Non possiamo avere le trivelle davanti alle aree più belle del mondo»

Lo spettacolo della baia di Pozzuoli
Una sottile linea nera scorre sotto l'appennino campano. Piccole sacche di idrocarburi rilevate già in vecchie perforazioni risalenti agli anni Sessanta, alcune entrate...

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Una sottile linea nera scorre sotto l'appennino campano. Piccole sacche di idrocarburi rilevate già in vecchie perforazioni risalenti agli anni Sessanta, alcune entrate perfino in produzione per quattro mesi e poi sigillate «a causa della scarsa produttività». Dell'oro nero tra Sannio e Irpinia periodicamente si riparla e da un decennio ormai per due siti è stata presentata istanza di permesso di ricerca da parte della Delta Energy ma da allora ci sono stati solo numerose interlocuzioni, pareri sfavorevoli, ricorsi fino ad arrivare al 5 novembre 2021 con la pubblicazione nel Bollettino Ufficiale degli Idrocarburi e delle Georisorse (Buig) dell'istanza di riperimetrazione dell'area.

Pochi mesi prima per un altro sito campano le società gettavano la spugna, notificando al ministero dello sviluppo Economico la rinuncia. Se la ricerca di idrocarburi è ancora in stallo, quella geotermica è messa anche peggio. Due anni fa si era aperto un varco, sfruttando anche un co-finanziamento con fondi europei, per lo sviluppo di un progetto geotermico a Pozzuoli. Dopo qualche mese però un'ordinanza del sindaco fermò le perforazioni, a causa di un getto di vapore durante i lavori che spaventò la popolazione.

La Campania, insomma, è tra le pochissime regioni che non sfrutta le proprie risorse più per paure immotivate e impedimenti burocratici mossi dalla politica che per ragionevoli problematiche. Risorse che in questo periodo di impennata dei costi della materia prima dovuta al conflitto in Ucraina e le sanzioni con la Russia, aiuterebbero non poco l'economia locale. 

La Campania in passato è stata oggetto di perforazioni esplorative utili per capire se tra gli strati di roccia ci fossero delle sacche di idrocarburi. Sul database del MiSe risultano 44 pozzi, 16 in Sannio, 13 in Irpinia, 10 nel salernitano, e 5 nel casertano. Tutti sterili, cioè privi di interesse minerario, tranne una manciata che però non sono sfruttati o seppure entrati in produzione per qualche mese sono stati chiusi per «scarsa produttività» cioè poco remunerativi con gli standard economici dell'epoca. Tre pozzi però sono tornati in auge nell'ultimo decennio con l'idea di metterli in produzione. Per il sito Nusco le società Italmin Energia e Compagnia Generale Idrocarburi dopo 8 anni di attesa hanno ufficializzato la rinuncia al permesso, non perché il sito non fosse produttivo ma perché i lavori sono stati bloccati da lungaggini burocratiche sulla scia delle iniziative messe in campo dai comitati No Triv.

Restano ancora in forse i siti Pietra Spaccata in Sannio e Casa Capozzi in Irpinia, ma anche qui alcuni comuni hanno rallentato l'iter non autorizzando l'inizio dei lavori. I progetti sono stati bloccati e sono ancora in stallo per via della pandemia: dal novembre 2021 risulta una istanza di riperimetrazione dell'area e sul Buig del MiSe di ottobre scorso sono ancora presenti. 

Non è dissimile la storia dello sfruttamento geotermico, fonte di energia rinnovabile con un basso impatto ambientale e un alto margine di riuscita. Sul database del MiSe aggiornato al 1994, risultano 14 pozzi eseguiti da Agip per il progetto denominato Lago Patria (che si estende fino a Licola a Nord e le frazioni di San Vito e Cigliano nel comune di Pozzuoli a est) di cui 6 produttivi a vapore. Per questi però non sono state concesse le coltivazioni cioè lo sfruttamento vero e proprio. Nel 2017 si prova lo sfruttamento con il progetto GeoGrid della Graded insieme a Università ed enti di ricerca che usa energia geotermica a bassa e a media entalpia e impianti poligenerativi, da cui si possono ricavare energia elettrica, teleriscaldamento e raffrescamento. La Regione Campania è interessata al progetto e lo co-finanzia con fondi Por Fesr, che saranno persi se il progetto non si concluderà entro la fine del 2023. GeoGrid infatti è stato bloccato a giugno 2020 a causa di un getto di vapore acqueo emesso dal pozzo nel corso dei lavori che ha generato panico nella popolazione di Pozzuoli al punto che il sindaco ha ordinato lo stop alle perforazioni. Un anno dopo la Regione vuole riavviare del progetto ma il sindaco dell'epoca Figliolia blocca di nuovi i lavori. A nulla sono valse le rassicurazioni di un nutrito team di esperti scientifici. 

In mezzo al caos per le mancate coltivazioni in aree già riconosciute e approvate dal MiSe c'è l'emendamento al Dl Aiuti Ter aggiunto il 4 novembre in cui «la coltivazione sarà riattivata anche nelle acque dei golfi di Napoli, di Salerno e delle isole Egadi, per la durata di vita utile del giacimento e solo a patto che si dimostri l'assenza di rischi per il territorio» e in altre zone dell'Adriatico (esclusa Venezia). L'articolo 4 della legge 9/1991 vieta «la prospezione, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi» in queste aree: c'è quindi da capire se l'emendamento può cassare il divieto. 

A rischio gli equilibri delle Aree Marine protette Regno di Nettuno, Gaiola, Punta Campanella, Santa Maria di Castellabate e la riserva naturale Foce Sele-Tanagro, proprio come le Egadi, mentre le Tremiti sono patrimonio Unesco e Parco nazionale. Inoltre, per Europa Verde e Alleanza Verdi e Sinistra «i dati del MiSe indicano chiaramente che i giacimenti di gas sfruttabili dei nostri mari non superano i 37 miliardi di metri cubi».

Contro anche il governatore della Campania Vincenzo De Luca: «Non possiamo avere le trivelle davanti alle aree che dal punto di vista ambientale sono tra le più belle del mondo, un grande e straordinario attrattore turistico per il nostro Paese. Quindi se qualcuno farà atti concreti, ne parleremo con grande chiarezza e con grande fermezza». 

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Il Mattino