Campi Flegrei, intervista a Christopher Kilburn: «È essenziale il confronto tra scienziati»

«Quattro episodi di sollevamento del suolo hanno causato un progressivo indebolimento nella crosta della caldera»

Christopher Kilburn
Christopher Kilburn è tra i più importanti vulcanologi del mondo e lavora all'University College London. L'Italia però è la sua seconda patria,...

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Christopher Kilburn è tra i più importanti vulcanologi del mondo e lavora all'University College London. L'Italia però è la sua seconda patria, grazie ai tanti vulcani attivi presenti sul nostro territorio. Normale per lui, quindi, studiare i Campi Flegrei e la nuova crisi bradisismica. Il suo ultimo studio dal titolo «Potential for rupture before eruption at Campi Flegrei caldera, Southern Italy» (Potenziale rottura prima dell'eruzione nella caldera dei Campi Flegrei, Sud Italia) pubblicato a giugno su «Communications Earth and Environment» di Nature, condotto insieme a Stefano Carlino, Stefania Danesi e Nicola Alessandro Pino dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, è stato al centro di una riunione del 27 e 28 ottobre alla Commissione Grandi Rischi per il rischio vulcanico. 

Professor Kilburn, il suo lavoro ha indirizzato la Commissione a dichiarare nel verbale «preoccupazione che i processi in atto possano evolvere ulteriormente» e sul «possibile coinvolgimento di magma nel processo bradisismico in atto»?
«Compito di noi scienziati non è di allarmare, ma di guidare verso una conoscenza di un fenomeno molto complesso come ciò che avviene ai Campi Flegrei. Non è compito mio parlare dei contenuti della riunione, però non ero il solo vulcanologo presente, con me c'erano altri colleghi e ciascuno ha esposto i propri risultati scientifici e modelli. Posso però spiegare di cosa parla il mio lavoro, così da chiarire alcuni aspetti».

Prego, spieghi pure.
«In uno studio del 2017 avevamo ipotizzato un cambio nel rapporto tra sismicità e sollevamento che effettivamente si è verificato a partire dal 2020. Questo risultato ci ha incoraggiato a continuare su questa strada e, per sviluppare la nostra analisi, abbiamo aggiunto dei dati più recenti sulla sismicità e il sollevamento del suolo».

Dati che alcuni colleghi le contestano.
«Mi dispiace aver letto questa affermazione. I dati che abbiamo analizzato vengano da quelli registrati dall'Ingv. Bisogna far attenzione alle affermazione dette senza il rigore del confronto scientifico perché, anche se in buona fede, rischiano di creare confusione e sfiducia nella scienza. Invito i colleghi a contattare me o i miei collaboratori all'Ingv per parlarne insieme. Prima della pubblicazione, un lavoro subisce accurate revisioni da parte di studiosi, e i dati sono un elemento basilare per l'accettazione. Riteniamo quindi che i dati siano corretti e il modello è valido».

Qual è dunque il suo modello?
«Ai Campi Flegrei ci sono stati quattro episodi di sollevamento del suolo, nel 1950-1952, 1969-1972, 1982-1984 e dal 2004 a oggi. Nello studio diciamo che una sequenza di rottura si è sviluppata attraverso queste fasi, e il susseguirsi degli episodi di sollevamento degli ultimi decenni ha causato un progressivo indebolimento nella crosta della caldera dei Campi Flegrei, rendendone maggiormente possibile la rottura nei prossimi anni. Rottura, però, come chiarito esplicitamente nell'articolo scientifico, non significa affatto eruzione: vorrei che questo sia chiaro. Il nostro studio ipotizza che, se la crosta dei Campi Flegrei continua a sollevarsi, allora la rottura sarà più probabile. Ma l'eruzione potrebbe esserci solamente se la causa dell'attuale sollevamento fosse dovuta a un possibile contributo magmatico, cosa che la nostra analisi da sola non può verificare; bisogna tenere in considerazione i risultati degli studi che sono in corso su altri aspetti del bradisismo».

Questa mancanza di informazioni sul contributo magmatico ha indotto la Commissione a ipotizzare il passaggio al livello di allerta?


«Non posso sapere su quali elementi la Commissione prenda le sue decisioni, ma mi pare abbiano chiarito che il passaggio non sia immediato. Anzi, dietro le loro parole, da scienziato, interpreto altro: l'esigenza di approfondire, intensificare attività di monitoraggio per riuscire a trovare delle risposte, e quindi ulteriori valutazioni dalla Commissioni Grandi Rischi. Poi, ripeto, non sono l'unico a essere stato ascoltato, altri colleghi hanno proposto i loro modelli, e anche loro arrivano a un punto in cui occorrono ulteriori informazioni per capire alcune implicazioni fenomenologiche. Semmai, il grande dibattito mediatico sui Campi Flegrei, dovrebbero indurci a riflettere su altro. Credo per noi scienziati sia arrivato il tempo di dialogare tutti insieme, confrontarci anche su idee molto differenti per trovare un'interpretazione valida. Il confronto è essenziale per la scienza».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino