Disumano. Non c'è altro modo per definire lo stile di vita in cui i rom di Giugliano sono costretti a vivere. I bambini non vanno a scuola, nessuno si occupa di loro,...
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Ogni giorno una corsa contro il tempo. In uno spazio ristretto coabitano ratti, persone e montagne di spazzatura. E questo è solo l'inizio, perché poco più avanti si giunge al terreno nel quale sono stanziate circa 360 persone. Un fossato oggi diventato una cloaca. Accedervi è quasi impossibile. C'è talmente tanta spazzatura e fossi che solo i furgoncini o le macchine potenti possono giungere fino in fondo. Il resto del mondo civile si ferma lungo la circumvallazione esterna, strada che costeggia il campo rom «provvisorio» di Giugliano. Un luogo in cui si consuma una palese violazione dei diritti umani. Di tutte queste famiglie e di decine di bambini nessuno si occupa. Nessuna associazione difende il nutrito gruppo che fino a qualche anno fa viveva a ridosso della discarica di Masseria del Pozzo. Solo un uomo, presidente dell'associazione «Arrevotammoci», Antonio Lievore, detto Padre Rafael, laico Lasalliano - fa visita ogni giorno ai residenti dei quattro campi dislocati sull territorio. «Ho avviato un progetto di scolarizzazione con gli adulti e spero mi facciano continuare. Intanto però i bambini oltre a un campo scuola estivo non hanno mai avuto altra forma di educazione - spiega Lievore - Nessuno è mai andato in quel campo per iscriverli a scuola». Padre Rafael, insieme ai rom, ha anche scritto una lettera al Comune di Giugliano. Missiva che non ha mai ricevuto una risposta.
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Il Mattino