Case occupate a Napoli: «Io minacciato con i pit-bull, il mio appartamento invaso dai parenti del boss»

Case occupate a Napoli: «Io minacciato con i pit-bull, il mio appartamento invaso dai parenti del boss»
«Sono stato minacciato da un uomo che si è impossessato della mia casa dal febbraio scorso. All'interno dell'immobile ha piazzato un nipote, che possiede...

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«Sono stato minacciato da un uomo che si è impossessato della mia casa dal febbraio scorso. All'interno dell'immobile ha piazzato un nipote, che possiede diversi pit-bull e non risponde al citofono. L'uomo che ho denunciato per minacce, tra l'altro, è il cognato di un capozona del quartiere Sanità. Mi sono anche attivato, in sede civile, affinché venga eseguito lo sfratto. I tempi della giustizia, però, sono lunghi e io, nel frattempo, continuo a non ricevere i soldi dell'affitto e a pagare le tasse». Generoso Alboreto, 71 anni, residente a Calvizzano, è un ex infermiere del Monaldi che da oltre un decennio combatte nelle aule giudiziarie di Napoli. In passato si è scontrato con i palazzinari di Marano - legati al clan Polverino - ai quali consegnò (in vari step) più di 650mila euro, in pratica i risparmi di una vita, per l'acquisto di due appartamenti in un parco nella città a nord di Napoli.

Quelle case, Generoso e i suoi familiari, non le hanno mai viste. Come le ingenti somme anticipate, ancora al centro di un'estenuante querelle giudiziaria. Poco più di un anno fa, per il 71enne - che ha testimoniato in diversi processi - è iniziata una nuova odissea: «Ho ereditato da mia madre diversi beni - racconta Alboreto - tra cui un appartamento nel quartiere Sanità. Questo immobile, una decina di anni fa, l'avevo dato in permuta proprio per l'acquisto di case e box che avevo concordato con una società di Antonio Simeoli e dei suoi figli, palazzinari di Marano arrestati nel 2013 e condannati in via definitiva per associazione mafiosa. Quando mi accorsi di essere stato ingannato dai Simeoli, che insistevano per consegnarmi appartamenti diversi da quelli in precedenza pattuiti e tra l'altro in un comune diverso da Marano, intrapresi un'azione legale e riuscii a riaverla». 

Ma le noie non cessarono con quel successo in sede giudiziaria. «Nell'appartamento alla Sanità - prosegue Generoso - viveva un'anziana che era lì da molti anni. Era già stata inquilina di mia madre. Nonostante la sentenza fosse stata a me favorevole, la donna e i suoi figli continuarono a versare il canone di affitto a uno dei palazzinari che nel frattempo aveva scontato la condanna. Dovetti fare causa anche alla mia inquilina e vinsi. Ma un po' per quieto vivere e un po' per umanità, decisi di non mandarla via: pensai che i suoi figli, alla sua morte, sarebbero stati riconoscenti. Purtroppo non è andata così, anzi la situazione è di gran lunga peggiorata». Dopo la scomparsa della donna, Generoso si è rivolto a un'agenzia immobiliare per individuare un nuovo acquirente, ma soprattutto per arrivare a una definizione bonaria della contesa con gli attuali occupanti. «L'agenzia - sottolinea con amarezza il pensionato - dopo qualche settimana ha disdetto il contratto: mi hanno riferito di aver paura di chi vive ora in quell'immobile, figlio e nipote della donna deceduta qualche tempo fa. Ho cercato di avere un contatto con queste persone, ma io e mia moglie siamo stati minacciati in più di un'occasione. Mia moglie è riuscita a registrare le minacce. Il figlio dell'ex inquilina che ho denunciato dice senza mezzi termini che l'appartamento deve comprarlo lui, e per giunta a metà prezzo, oppure non permetterà a nessuno di venderlo». 

Per questa vicenda, Alboreto è seguito da due legali, il penalista Paolo Romagnuolo, e la civilista Concetta Manti. «Le attività investigative sono a buon punto - spiega l'avvocato Romagnuolo -. La vicenda del signor Alboreto è l'emblema di ciò che, sul fronte abitativo, da tempo sta accadendo a Napoli e in provincia. Attendiamo fiduciosi l'esito delle indagini». Alboreto, nel corso di questi anni, è stato anche vittima di un grave incidente stradale. «Fui travolto - ricorda - da un'auto proprio in un periodo a ridosso di un processo che mi vedeva testimone contro i Simeoli. Rimasi incastrato e riportai ferite gravissime: sono vivo per miracolo. La settimana prima, a Napoli, ero riuscito ad evitare un'altra auto che pure mi stava investendo. Non ho mai capito se si è trattato di casualità o se c'è dell'altro. Ricordo solo le parole della mia vecchia inquilina. Qualche mese prima dell'investimento mi disse che prima poi qualcuno mi avrebbe fatto saltare in aria». 

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Il Mattino