Dopo il raid vandalico ad opera di un gruppo di balordi che, nella notte tra sabato e domenica, ha devastato via Carlo Poerio, il quartiere di Chiaia fa...
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I commercianti colpiti dal raid di sabato notte sembrano essere ormai rassegnati di fronte ad una situazione che li vede vittime sacrificali dello “sballo” notturno. «Siamo nel degrado più totale – la rabbia di Monica Sansone, storica commerciante della zona – e siamo abbandonati da tutti, a partire dall’amministrazione comunale. Abbiamo paura anche ad uscire di casa a causa di queste baby gang che non hanno alcun freno inibitorio e trattano il quartiere come una riserva di caccia. Ormai non è più la Chiaia di un tempo – prosegue – siamo un quartiere ad alto rischio che necessita di un controllo serrato da parte delle forze dell’ordine. Non puntiamo il dito sui baretti e non chiediamo in alcun caso la loro chiusura – ha poi concluso – ma non possiamo nemmeno vivere in queste condizioni».
Al problema della sicurezza durante i weekend si aggiunge lo spinoso problema della pulizia e del decoro del quartiere: «Quello che troviamo fuori i nostri negozi dopo ogni fine settimana è indicibile – ha raccontato Alessandro Gaglione, titolare della boutique Bruno Caruso – tra bottiglie, bicchieri, cannucce e resti di bagordi notturni. Durante i giorni di massima affluenza dobbiamo lottare con le persone che pretendono di parcheggiare i loro scooter sui marciapiedi, di fronte ai nostri negozi, impedendoci di lavorare serenamente. Scene come quelle di sabato notte provocano rabbia, anche perché ultimamente non facciamo altro che sentire di situazioni di questo tipo e ci chiediamo perché non si faccia niente per risolvere definitivamente il problema». Dello stesso avviso Annamaria Curcio, altra storica commerciante di via Poerio: «Siamo stati tutti ragazzi – afferma – ma adesso la questione movida sta prendendo una piega complicata. Sono gruppetti di giovani completamente fuori controllo e le forze dell’ordine dovrebbero fare di più per arginare il fenomeno. Non basta mettere una pattuglia di presidio a via Cavallerizza per controllare un quartiere dove si riversano migliaia di ragazzi ogni fine settimana. Sono necessarie telecamere di videosorveglianza su tutta la zona».
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Militarizzare il territorio, come chiesto anche dal presidente della I Municipalità Francesco De Giovanni, è impossibile. La “coperta” è corta. Le forze dell’ordine non riescono a controllare in maniera capillare una città dalle mille criticità. Le telecamere di videosorveglianza sono forse l’unico sistema per risolvere una situazione che ormai assume i contorni dell’emergenza. «Chiediamo alla Regione e all’assessore Clemente che fine hanno fatto queste telecamere – dichiara Carla Della Corte, vicepresidente di Confcommercio e commerciante di via Poerio – che dovevano arrivare in poche settimane e che invece aspettiamo da due anni. L’unico mezzo alternativo per ottenere un minimo di sicurezza, vista la carenza di personale da parte delle forze dell’ordine, sarebbe istituire un servizio di vigilanza notturna. Ma con la crisi che continua a farsi sentire è quasi impossibile chiedere ai commercianti di tassarsi ulteriormente».
«Due anni fa la regione ci promise che entro poche settimane avrebbero installato telecamere di videosorveglianza – spiega Caterina Rodinò del “Comitato Chiaia viva e vivibile” – ma ad oggi stiamo ancora aspettando che quella promessa si concretizzi. Ci troviamo di fronte ad una emergenza e l’appello che come cittadini facciamo alla polizia amministrativa è di sanzionare anche con giorni di chiusura tutte quelle attività commerciali che rivendono alcolici ai minori. Crediamo che questo genere di pratiche sia alla base delle continue devastazioni che si verificano sul nostro territorio ogni fine settimana». Di disagio sociale, invece, ha parlato Gennaro Esposito del “Comitato Quiete Pubblica e Vivibilità cittadina”: «Gli atti vandalici commessi a Chiaia, ma che si ripetono ciclicamente anche in altri quartieri, non sono solo il frutto di una bravata alcolica dei giovani della movida napoletana, ma rappresentano il sintomo di un disagio e di una rabbia sociale che spesso trova la sua origine nei quartieri disagiati e privi di tutto, tranne che dei rifiuti abbandonati e non raccolti. Studiare questo fenomeno è un imperativo categorico per le istituzioni». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino