SANT'ANTIMO - Sentenza storica contro una delle forme più brutali del caporalato. Per la prima volta in Italia, sono stati condannati a pesanti pene, ...
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Gli imputati Sheik Mohammed Alim, ritenuto il dell’organizzazione dei caporali bengalesi, condannato a 8 anni, insieme a Popy Kathun, Moniruzzam Tipu, Sheik Akbar e Mohammad Aziz, condannati a pene variabili tra i 6 e i 5 anni, avevano di fatto «schiavizzato» quindici connazionali, che per venire in Italia, con la promessa di un buon lavoro ben pagato, avevano sborsato tra i 10 e 15 mila euro. E così 15 bengalesi, insieme a molti altri connazionali, furono in realtà segregati con violenza e ridotti in una condizione di semischiavitù in alcuni capannoni tra Sant’Antimo e Casandrino.
I passaporti furono sequestrati da Alim mentre i giovani immigrati venivano pagati circa 300 euro al mese per giornate lavorative di 17-18 ore al giorno, sabato e domenica inclusi, dalle 7.30 alle 14 o alle 19 con le porte chiuse a chiave dall’esterno. Uno spaccato di schiavitù dietro la nostra porta di casa, a Sant’Antimo, dove ancora oggi si susseguono sequestri di sartorie clandestine che lavorano anche per griffes nazionali e internazionali.
Lo scandalo venne fuori grazie all’Associazione antirazzista e interetnica 3 Febbraio, attraverso la quale gli operai trovarono il coraggio di denunciare gli sfruttatori che furono poi arrestati mentre le fabbriche furono poste sotto sequestro. Oggi la storica sentenza che oltre a comminare pesanti pene detentive ha anche imposto agli imputati il pagamento di centinaia di migliaia di euro di multe, oltre che al risarcimento dei denuncianti e al pagamento delle spese legali e processuali.
«È questo il risultato di una lotta di diversi anni, che ha visto coinvolta in prima fila il meglio della gente solidale e antirazzista di questo Paese», dicono quelli del 3 Febbraio, che ha promosso e sostenuto insieme ai lavoratori bengalesi un fronte solidale ampio. Dal prof Pasquale de Sena, ispiratore e coordinatore dell'intero progetto di difesa legale, agli avvocati Bruno Botti e Benedetta Piola Caselli con Pierluigi Umbriano, insieme agli avvocati dell’ASGI Amarilda Lici e Alessandro Del Piano.
Alla battaglia legale, inseritasi in un percorso di lotta e di impegno quotidiano, si sono uniti docenti universitari solidali, giornalisti attenti al fenomeno, associazioni; la gente solidale di Sant’Antimo e di altre parti d’Italia e del mondo: dal Bangladesh alla Germania, dall'incontro in Vaticano con il Papa agli innumerevoli gesti di sostegno avuti da genti di tanti paesi immigrati qui. «Questa sentenza – sostengono gli attivisti di Tre Febbraio - è molto importante, a più livelli. È un primo passo, fondamentale, per vincere la schiavitù che vige ed è tollerata nell'Italia democratica». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino