I conti in rosso del Comune di Napoli: la dura legge dei numeri

I conti in rosso del Comune di Napoli: la dura legge dei numeri
Il mio articolo sui conti del Comune di Napoli ha suscitato un notevole interesse in questi giorni, inducendo il vicesindaco, Enrico Panini, ad intervenire pubblicamente sulla...

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Il mio articolo sui conti del Comune di Napoli ha suscitato un notevole interesse in questi giorni, inducendo il vicesindaco, Enrico Panini, ad intervenire pubblicamente sulla questione. Ringrazio il dottor Panini per i rilievi sollevati; sia perché alimentano la discussione pubblica - e dunque la trasparenza - sulla dinamica del bilancio comunale, sia perché mi concedono la possibilità di specificare alcuni aspetti dell'analisi che per motivi di spazio avevo tralasciato.


Il primo rilievo espresso dal vicesindaco è il seguente: nell'articolo si afferma che il Comune di Napoli ha speso nel 2017 quasi due milioni di euro per «Giornali e riviste», mentre la spesa vera sarebbe stata di 5.647,80 euro. Il dato pubblicato nel mio articolo corrisponde a quanto reso noto dalla Ragioneria generale dello stato - attraverso il sistema SIOPE, Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici - che ha ricevuto l'informazione dal Comune di Napoli. In pratica, ad ogni spesa effettuata dal Comune di Napoli (così come da altri Comuni) viene associato un codice. L'importo della spesa e il codice ad essa associato sono poi trasmessi alla Ragioneria generale che provvede ad aggregare i dati. In base a quanto da questa riportato, il Comune di Napoli avrebbe dichiarato per il 2017 una spesa per il capitolo «Giornali e riviste» di quasi due milioni di euro; il vicesindaco invece afferma che la spesa è stata di 5.647,80 euro. È difficile dare conto di questo divario.

Il secondo rilievo sollevato dal vicesindaco riguarda le uscite complessive. In particolare, il dottor Panini obietta le seguenti cose che di seguito elenco.

In primis: che non è chiaro da quali comuni sia costituito il gruppo comparabile; b) che per il 2015 viene riportata una spesa di circa 5 miliardi di euro, sebbene una parte di questa spesa rappresenti somme che semplicemente transitano attraverso il bilancio comunale; c) che se fossero stati effettuati confronti corretti non sarebbe sfuggito che la spesa corrente dal 2013 al 2017 si è ridotta di oltre il 10%. Replico. Con l'espressione gruppo di «comuni comparabili», mi riferisco al gruppo dei circa 35 Comuni Italiani con più di 200.000 abitanti. La Fondazione «Gazzetta Amministrativa della Repubblica Italiana» suggerisce di usare tale gruppo di comuni come riferimento per valutare la performance del Comune di Napoli in termini di spesa. In particolare, la Fondazione - un ente senza scopo di lucro considera la spesa media dei 35 Comuni; calcola la spesa che Napoli avrebbe effettuato se l'esborso pro-capite per capitolo di spesa fosse stato in linea con quello medio del gruppo di riferimento; valuta lo scostamento. Nel mio articolo ho utilizzato i calcoli della Fondazione.

Si può ragionare sul riferimento, naturalmente. A questo serve la discussione. In particolare si può restringere o allargare il numero di comuni che fanno parte del gruppo. Quello che non si può fare è prescindere da un qualsiasi riferimento, per il motivo che verrebbe a mancare una qualsiasi base per la comparazione. Per esigenze di confronto sulla movimentazione complessiva di bilancio, ho pertanto riportato il totale delle uscite così come risulta dai dati forniti dalla Ragioneria Generale dello Stato (sistema SIOPE), al lordo delle partite di giro per tutti i Comuni. Su questi dati si basa infatti il calcolo degli scostamenti effettuati dalla Fondazione.

D'altro canto, se pure avessi evitato di riportare il dato sulle uscite complessive, le risultanze generali dell'analisi non ne avrebbero risentito. In effetti, l'affermazione del vicesindaco Panini secondo cui la spesa corrente dal 2013 al 2017 si è ridotta di oltre il 10%, desta almeno due motivi di perplessità.

Il primo è relativo alla scelta del periodo di riferimento. Il secondo concerne l'aggregato cui il vicesindaco fa riferimento. Si consideri la Figura 1 (dati Ministero dell'Interno, Certificati consuntivi). Essa delinea l'ammontare degli impegni assunti e il Totale dei pagamenti del Comune di Napoli (in milioni di euro). Poiché De Magistris è stato eletto nel 2011 - e dunque dal 2012 ha avuto pieno controllo del bilancio - non è il 2013 a mio parere l'anno da considerare come base, ma il 2012. Assumendo il 2012 come anno base, gli impegni si riducono non del 10% ma del 4,9% nel periodo. Il Totale dei pagamenti, tuttavia - che comprende i pagamenti in conto competenza e quelli in conto residui passa da 984 a 1078 milioni di euro, con un incremento del 9,6%. I pagamenti sono dunque aumentati; segno che la riduzione degli impegni, dati i residui, non è stata sufficiente a stringere i cordoni della borsa.


Sul disavanzo: nel mio articolo invitavo il lettore a prestare cautela nel comparare i dati prima del 2015 con quelli successivi, per via dei cambiamenti nelle regole sulla contabilità degli enti locali. Come correttamente ricorda l'assessore, i Comuni hanno dovuto fare i conti, in particolare, con le regole relative al fondo crediti di dubbia esigibilità ed al fondo rischi contenzioso. Per tutti i Comuni è stato stabilito un assorbimento trentennale del disavanzo derivante dagli esiti del cosiddetto riaccertamento straordinario (anche questa circostanza, opportunamente richiamata nel mio articolo). In breve, come ricorda il vicesindaco: fino al 2014 non vi era obbligo di svalutare i crediti (residui attivi) riportati nel rendiconto. Dal 2015 questo obbligo sussiste per tutti. Queste sollecitazioni non modificano tuttavia la mia prospettiva. Era nota fin dall'insediamento dell'attuale Amministrazione l'esistenza di una massa di crediti deteriorati provenienti dalle precedenti gestioni. A mio parere occorreva far pulizia da subito, senza attendere che l'intervento dell'amministrazione centrale obbligasse a farla, con il risultato d'osservare l'esplosione di un indebitamento che era già nei fatti e che si celava dietro i crediti deteriorati. Mi rendo conto che questo avrebbe probabilmente portato al dissesto; mi rendo conto che si è cercato di evitarlo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino