Coronavirus, anche a Napoli cala il sipario. Si abbatte come una valanga sul mondo dello spettacolo e della cultura partenopei il decreto ministeriale del 4 marzo che regola gli...
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E salta molto altro, a partire dalla settima edizione di «Pianocity»: «Se non è una rovina poco ci manca» è il commento di Luigi Grispello, presidente dell'Agis Campania. «Solo un esempio: il film Volevo nascondermi con Elio Germano su Antonio Ligabue, che ha vinto l'orso a Berlino, è stato visto solo da 25mila spettatori in tutta Italia. C'è stato un calo del 90% del pubblico». Grispello contesta il provvedimento. «Mi pare una soluzione pilatesca perché di fatto non vieta l'apertura delle sale ma rimette agli operatori che vogliono mantenerla rispettando le distanze di sicurezza le responsabilità penali sulla diffusione del contagio». Di simile avviso Lello Serao, presidente di Artec, la sigla che riunisce gli operatori del teatro regionali, reduce da un'assemblea straordinaria in mattinata: «Noi abbiamo voluto chiudere per senso di responsabilità, ci sembrava assurdo per lo spirito stesso del teatro, basato sul contatto e la prossimità. Aspettiamo un tavolo tecnico dalla Regione».
Al tavolo tecnico fa riferimento anche Grispello e dovrà assicurare alcuni provvedimenti, tra cui la cassa integrazione in deroga per i dipendenti di cinema e teatri, più la sospensione dei minimi contrattuali di 12 giorni per le compagnie teatrali: verrà richiesto il riconoscimento delle giornate lavorative anche quando non sono state effettuate. Nell'attesa di risposte istituzionali, qualche sala fa eccezione. Ad esempio il cinema Plaza e il Vittoria restano aperti, garantendo il rispetto delle distanze con uno spettatore ogni tre poltrone. Galleria Toledo sarà aperto fino a domenica, con una capienza molto ridotta, di 30 posti su 300, per permettere le repliche previste di «Eros e Priapo» di Massimo Verdastro. Va un po' meglio per i musei, che non chiudono ma riducono l'attività. Rinunciano alle inaugurazioni aperte al pubblico e ai laboratori didattici il Mann Archeologico, il Madre e Capodimonte, dove è stata sospesa solo la mostra «Napoli Napoli» perché è basata su un'audioguida con cuffie: intanto i tre musei procedono alla sanificazione e collocheranno dispenser di disinfettante con avvisi all'ingresso sulle disposizioni ufficiali dell'Oms. Al netto delle visite scolastiche, tutte annullate anche per la chiusura nazionale degli istituti, qui la psicosi da coronavirus non sembra aver sottratto molti visitatori. Va male invece per il distretto museale di via Duomo: «C'è un crollo delle prenotazioni, soprattutto dei gruppi» fa sapere Paolo Iorio, che dirige il museo del tesoro di San Gennaro e il Filangieri. Poi tuona: «Stiamo ottemperando all'ordinanza comunale di bonifica degli spazi ma appena fuori ci sono topi e rifiuti dei clochard». Per Roberto Andò, direttore del teatro Stabile, «è un provvedimento che non lascia molto spazio a interpretazioni ed è al contempo necessario e triste. Ma la situazione è tragica, culturalmente ed economicamente: penso ad attori e maestranze che perdono mesi di lavoro. Spero che il nostro sacrificio sia ripagato». Claudia Mirra del Diana invita a fare squadra: «Sono questi i momenti in cui dobbiamo sentirci un mondo unito, quello della cultura e dello spettacolo. I teatri chiusi sono un brutto segnale per la comunità al di là dei nostri danni professionali». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino