Sono tornati in Germania il giorno di Pasqua, dopo una esperienza di nove giorni al Covid Hospital di Boscotrecase. Domani per loro terminerà la quarantena, e...
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In attesa di ricominciare a lavorare all'Universitätsklinikum di Jena - che non è centro Covid e dove la situazione è meno grave che in Italia - i medici Florian Prechter e Kornel Stitek e gli infermieri Nelson Rivera e Valeria Gianfrancesco, raggiunti dal Mattino, hanno tracciato un bilancio della loro esperienza a Napoli. «È stata sicuramente un'esperienza formativa - racconta Florian Prechter - ci siamo confrontati con i colleghi italiani sui protocolli. Grazie per l'accoglienza, porteremo nel cuore i giorni trascorsi a Boscotrecase anche se non abbiamo potuto girare e fare i turisti. Ma torneremo. Non abbiamo esportato il protocollo Ascierto in Germania, anche perché al momento non c'è un'ondata di contagi come in Italia. Gli antivirali utilizzati sono gli stessi, anche se ci sono delle piccole differenze di protocolli tra paese a paese, e poiché è tutto ancora in fase sperimentale, non mi sento di tirare somme. A Jena la situazione è più tranquilla, oggi non si è registrato alcun nuovo contagio. Al Policlinico abbiamo tre pazienti intubati e quattro sospetti. In Turingia non ci sono centri Covid e ancora c'è promiscuità tra i pazienti. Ma è tutto sotto controllo, pronti a gestire una possibile ondata».
«In Italia - aggiunge il collega Kornel Stitek - abbiamo notato una maggiore prudenza, una forma di prevenzione che in Germania non c'è. A Boscotrecasae erano ricoverati in sub intensiva anche pazienti asintomatici, non acuti o solo in attesa di tampone, pazienti che in Germania restano a casa. Tuttavia, riteniamo che l'ospedale abbia risposto bene all'emergenza nonostante si siano notati alcuni errori di gestione. Quando siamo andati via, però, l'organizzazione era in fase di miglioramento».
«Abbiamo dato ai nostri colleghi infermieri - spiega l'infermiera Valeria Gianfrancesco - consigli sulla pratica della terapia intensiva. Per esempio, abbiamo puntato sulla mobilizzazione, ovvero la necessità di spostare più volte il paziente nel letto per evitare le piaghe da decubito. In effetti, c'è da tenere presente che da un giorno all'altro il personale si è trovato di fronte una patologia nuova per la quale non era stato formato». «Ciò che non ci è piaciuto - rivela il collega Nelson Rivera - è stata la mancanza di organizzazione nelle procedure di base in terapia intensiva. Abbiamo provato a fare un planning, per esempio anche solo scrivere sulle siringhe e i perfusori a pressione come è preparato un farmaco. È un sistema che aiuta a evitare perdite di tempo». «Ciò che abbiamo molto apprezzato interviene - Valeria Gianfrancesco - è stata l'attenzione alla sicurezza degli operatori sanitari, l'efficienza dei dispositivi, la presenza di stanze per il cambio di medici e infermieri. Ciò che ci tornerà utile, e che abbiamo anche riferito al nostro Policlinico, è proprio la profilassi in un centro Covid, in particolare i percorsi sporco-pulito per evitare che i sanitari si contagino. Ora saremo più attenti anche a toccare una maniglia o a come muoverci in un reparto Covid».
Il 17 aprile al Policlinico di Jena c'è stato un ricevimento per il ritorno dall'Italia dei quattro sanitari. «Il nostro team - dicono da Jena - è tornato dalla sua missione con un notevole bagaglio di esperienza. Abbiamo anche festeggiato il loro rientro, rispettando le misure di sicurezza. A causa del lockdown non hanno potuto vivere le bellezze di Napoli ma in loro onore abbiamo stappato due bottiglie di buon Chianti». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino