Il Cotugno è sotto pressione e con 34 pazienti ha già riempito tre dei 4 reparti dedicati ai malati di Covid-19. Lievitano anche i ricoverati in rianimazione: qui...
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Posti tecnici, che potrebbero tornare utili per accogliere i pazienti di Asl e ospedali che sarebbero in questo scenario dirottati al privato per liberare le rianimazioni del pubblico e in cui ospitare pazienti critici alle prese con il Coronavirus. Basta pensare che ieri, l'unità di terapia intensiva coronarica del Cardarelli, usata per la cura degli infartuati, è rimasta paralizzata con il blocco del personale sanitario per un caso sospetto in attesa del risultato del tampone a un paziente attaccato al respiratore che ha manifestato febbre e polmonite. Nel caso risultasse positivo quell'unità dovrebbe essere sgomberata e il personale andare in quarantena. In questo tipo di scenario, che potrebbe investire l'intera rete assistenziale pubblica, tornerebbero dunque utili gli 11 posti di terapia intensiva della Mediterranea che ha anche 12 unità per i cardiopatici infartuati. Così a Villa dei Fiori di Acerra, anch'essa già inserita nella rete per l'infarto, sono presenti 8 posti di Terapia intensiva e 6 di Utic per pazienti non contagiosi. Nelle altre province sono in totale 10 le unità a Pineta Grande, 13 alla Montevergine di Mercogliano, 5 a Mugnano, 17 più 7 alla San Michele di Maddaloni e ancora 2 a Villa dei Platani ad Avellino. E ancora 3 di Terapia intensiva e 4 di Utic a Betania e 4 più 4 al Fatebenefratelli rispettivamente di Napoli e Benevento. Posti che potrebbero diventare importanti per decongestionare strutture pubbliche impraticabili a causa dei contagi e da convertire a disposizione dei malati bisognosi di assistenza ventilatoria per la Covid-19.
La Regione ha comunque in corso un piano generale per il raddoppio delle rianimazioni che passeranno da 322 posti a circa 800 ma bisogna pur considerare che in questo scenario i malati ordinari - che continuano a richiedere cure intensive per gravi traumi, ictus, infarti e altri accidenti cardiovascolari - devono poter continuare ad accedere in aree separate da quella degli infettivi.
Il grosso scoglio da superare è proprio logistico e organizzativo. Dal fronte delle Case di cura, tuttavia, viene lamentata la mancanza di direttive e indicazioni chiare da parte della Regione anche per quanto riguarda gli approvvigionamenti di dispositivi individuali di protezione di cui tutti si sono alla fine dotati acquistandoli a un costo lievitato di dieci volte in pochi giorni. Nella corrispondenza tra associazioni di categoria e Palazzo Santa Lucia sin da quando Codogno non era ancora zona rossa, si chiedeva di identificare in capo a Soresa un unico canale di approvvigionamento regionale per garantire economie di scala e scontare prezzi migliori. L'incedere degli eventi legati all'epidemia ha però travolto ogni sforzo in questo senso. Infine gli ambulatori: come è noto sono ora chiusi ovunque, sia nel pubblico sia nel privato ma chi ha avuto modo di disciplinare gli accessi e separarli dalla struttura ospedaliera sta continuando a lavorare. Per strutture dotate di pronto soccorso come Villa dei Fiori e Pineta Grande sono stati infine allestiti percorsi di accesso separati e disposto l'uso di mascherine. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino