Richiede un tampone il 23 marzo scorso per la figlia, caso sospetto di Coronavirus, ma l’Asl si fa viva soltanto dopo 10 giorni. È la storia, per fortuna a lieto...
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Al quarto giorno Maria non migliora, Enrico si mette in contatto con il numero di emergenza attivato dalla Regione Campania, ma dall’altra parte della cornetta gli rispondono di rivolgersi nuovamente al medico di base. Persa la pazienza, l’uomo decide quindi di prendere la situazione in mano e portare la figlia direttamente al Cotugno, primo centro Covid del terriorio. «Lì hanno fatto il tampone a entrambi – spiega Enrico – disponendo il ricovero di mia figlia per polmonite e la quarantena domiciliare per me». A questo punto il medico di base della famiglia avvisa l’Asl di sospendere la richiesta di tampone inviata nei giorni precedenti, visto che la procedura è stata effettuata all'ospedale dei Colli.
«Il 27 marzo mia figlia ha dei netti segnali di guarigione prendendo antibiotici che avrebbe dovuto prescrivermi il medico di base - osserva Enrico - e non ha più febbre». Il 31 arriva finalmente anche l’esito del secondo tampone: Maria risulta negativa. Finalmente un sospiro di sollievo. La ragazza viene dimessa e fa ritorno a casa: il residuo della polmonite che l’aveva colpita può essere curato tranquillamente da lì. Ma la beffa è che soltanto ieri, 2 aprile, dopo giorni di angoscia e paura, padre e figlia vengono contatti dall’Asl per sottoporsi al tampone richiesto 10 giorni prima. «Ho raccontato la mia storia per invitare tutti a non essere superficiali – conclude Enrico – il Cotugno è un ospedale effciientissimo, ma purtroppo non posso dire la stessa cosa dell’Asl». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino