Dopo alcuni giorni in isolamento domiciliare sono leggermente peggiorate le condizioni cliniche di uno dei sanitari del reparto Medicina 2 del Cardarelli in cui ci sono stati...
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Un caso che fatalmente alimenta il clima di paura che serpeggia da giorni tra i camici bianchi dell'ospedale più grande del Sud. Durante il lockdown i diversi contagi che hanno colpito il personale sanitario dipendente del Cardarelli, rappresentavano quasi l'inevitabile corollario di una situazione d'emergenza nazionale a fronte di uno scarso afflusso in pronto soccorso e ancor più in reparti e ambulatori. Le ripetute chiusure e santificazioni erano gestite in maniera più agevole ma oggi non è più così. La convivenza con il virus - nonostante procedure, percorsi, test rapidi e triage a ogni ingresso pone enormi problemi organizzativi.
Il management del Cardarelli oltre al focolaio che ha interessato la Medicina B - con due medici, altrettanti operatori e ben 7 pazienti risultati positivi al virus (questi ultimi tutti ricoverati nella palazzina M dedicata alle specialistiche di malati affetti anche da Coronavirus) deve fronteggiare altri casi di infezione. In particolare uno registrato ieri in Unità di terapia intensiva coronarica (un paziente che era giunto direttamente dal San Paolo tramite la rete tempo dipendente per l'infarto) subito isolato e trasferito. Altri casi di positività al Coronavirus si registrano su personale e degenti della Chirurgia vascolare e anche per alcuni pazienti dell'Osservazione breve intensiva dove il sovranumero dei ricoverati è tornato ad essere un problema.
La novità è che, dopo oltre tremila test rapidi eseguiti negli ultimi 10 giorni da ieri sono iniziate le procedure per sottoporre tutto il personale dipendente del Cardarelli (circa mille tra sanitari, amministrativi e comparto) al tampone orofaringeo. Impegnate per i prelievi l'aula dei trapianti e la tensostruttura antistante il pronto soccorso. Un sospiro di sollievo per molti camici bianchi ma tra file e lunghe attese non sono mancati i momenti di tensione e anche qualche spintone tra colleghi. Lo stress, dopo oltre due mesi di pandemia, inizia a farsi sentire. Medici e infermieri usano le massime precauzioni quando entrano nelle stanze di degenza dei pazienti. Mascherina, visiera e guanti non mancano mai e agli ingressi i controlli della temperatura, l'anamnesi di pazienti e accompagnatori, la santificazione delle mani sono continui ma non basta a dare serenità al personale devoluto all'assistenza nei reparti. Soprattutto di notte quando arrivano pazienti dal pronto soccorso nessuno sa come regolarsi rispetto a potenziali contagiati. I falsi negativi ai test rapidi e anche ai tamponi rapidi nono sempre in agguato e nessuno può farci nulla. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino