La paura si diffonde via social e le zone vesuviane, dove le comunità cinesi sono da tempo presenti, ne risentono più che altrove. Qui, come sta accadendo in varie...
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Sull'asse San Giuseppe-Terzigno-Ottaviano la presenza della comunità cinese è pur sempre cospicua, anche se calata di molto nell'ultimo decennio: la stima è di 2500 presenze nei tre comuni, la maggior parte concentrate a Terzigno dove il sindaco Francesco Ranieri si dice disponibile a qualunque iniziativa perché si possa conoscere e prevenire il rischio.
«Ci siamo già attivati dai primi di febbraio», dice il primo cittadino che ha messo in campo i protocolli necessari e diffuso la comunicazione dell'Asl Na 3 e l'ordinanza ministeriale: chiunque abbia notizie di cittadini, di qualsiasi nazionalità, rientrati dalla Cina, prima che siano decorsi 14 giorni dovrà avvisare il dipartimento di prevenzione a San Gennarello di Ottaviano. I cinesi che in queste aree hanno aperto attività, ristoranti, supermercati, anche società di servizi finanziari, si stanno tutelando nella maniera più semplice, autoproclamandosi in stato di quarantena.
Un vero screening preventivo lo ha messo in campo il sindaco di San Giuseppe Vesuviano, con un centro operativo comunale che ha stilato un quadro ben chiaro della situazione, controllando attività per attività, residenza per residenza se vi fossero immigrati cinesi di ritorno, se ciascun bambino della comunità fosse presente a scuola. «Ogni misura preventiva è stata presa - dice il sindaco Vincenzo Catapano - io capisco i tavoli tecnici, le riunioni operative e quant'altro, ma bisogna agire con decisione e noi lo stiamo facendo, purtroppo la Regione è in ritardo su questo. Certo, chiunque abbia dei figli è preoccupato, lo sono anch'io, per adesso qui abbiamo preso ogni precauzione possibile. Parlo dei cinesi, ma anche degli italiani prosegue il sindaco nelle scuole da giorni molti bimbi sono assenti perché i loro genitori li tengono in casa». Piccolo dramma nel caos di queste ore: ci sono famiglie italiane ritrovatesi improvvisamente «orfane» dei bimbi cinesi loro affidati, in una prassi ormai consolidata delle comunità cinesi che tendono ad «accasare», dietro pagamento, i loro figli a famiglie del luogo per profondere ogni energia nel lavoro. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino