Nella chiesa che conserva i resti di San Giuseppe Moscati, il santo medico di Napoli, il dottore vicino agli ultimi, venerato e pregato soprattutto da tanti che si rivolgono a lui...
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Nella Chiesa del Gesù, immensa ma deserta, ci sono oggi pochissimi fedeli, sei o sette, e con la mascherina. Si soffermano davanti alla statua a grandezza naturale di Moscati raffigurato con camice e stetoscopio nella cappella che ospita i resti del santo. Pochi minuti, il tempo di una preghiera. Poi, via. E del resto la chiesa che era aperta tutta la giornata, sempre affollata, scelta da tanti sposi per il loro matrimonio, chiude i battenti. Uno dei fedeli, un anziano, dice: «San Giuseppe Moscati ha guarito tanta gente, riponiamo in lui la speranza. Ci auguriamo che questa tragedia passi presto e che l'umanità impari dopo questa emergenza a comportarsi meglio». «O Dio, Padre nostro, ricco di bontà infinita - recita la preghiera - guarda il Tuo popolo provato da una grave epidemia. Fa che ancora e sempre possiamo sperimentare la Tua grande misericordia e la Tua paterna tenerezza. Ti affidiamo tutti gli ammalati, gli anziani, i bambini e le loro famiglie; proteggi i medici e tutti gli altri operatori sanitari che, con abnegazione, sono in prima linea per aiutare le tante persone colpite dal male; dona luce e sapienza a quanti cercano nuove vie per salvaguardare la nostra salute». Prosegue con l'invocazione alla Madonna, a San Gennaro, protettore di Napoli e della Campania e continua con i santi medici, San Ciro e poi San Giuseppe Moscati: a loro l'affidamento per «la liberazione da questa epidemia per cantare e ringraziare con cuore nuovo la misericordia di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino