Per gli insegnanti, quella di ieri è stata un’attesa divisa tra la voglia di tornare al lavoro e la paura del virus. In 452 hanno colto l’occasione...
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Sono tanti i temi caldi per i docenti: i dubbi sull’insegnamento a distanza, la difficoltà di far rispettare le misure di sicurezza, le domande di esonero, la necessità per i ragazzi di tornare ad avere contatti non virtuali. Centinaia di prof, maestri e maestre, dopo aver compilato un modulo con i dati, aspettano che il personale del camion chiami il loro numero. Si entra 5 alla volta, e intorno alle 12.30, alcuni insegnanti ancora senza prenotazione, temendo di non trovare posto per il test, formano un piccolo capannello a ridosso del camion e alzano la mano. La Tommasielli e il resto dello staff si riuniscono e li accontentano. «Siamo al limite, però - chiariscono - alle 15 dobbiamo liberare l’area». C’è chi ha risolto la pratica in un’ora, ma c’è anche chi dopo tre ore è ancora qui, modulo alla mano. «Entro tre ore dal test, in caso di buon esito - racconta un membro dello staff - la procedura prevede la ricezione di un sms e la possibilità di scaricare un certificato dal sito della Asl».
«Pullman simili servono ovunque - osserva Luisa Ricciardi - non solo per i docenti, ma anche per cittadini e studenti. La scuola sarà vettore di contagio, e non possiamo chiedere ai ragazzi dove sono stati in vacanza. Sono le 12.30, una mia collega aspetta dalle 9.30». «Insegno al Conservatorio - aggiunge Carlo Forni - Penso sia giusto riaprire, anche se la paura c’è. Da noi è diverso, difficilmente ci sono classi intere. Se la scuola porta il virus? Sì, come una salumeria o un bar». «Sono arrabbiata - dice Bianca Vitagliano - Insegno alla primaria, vengo da Reggio Emilia e da quest’anno sarò a Napoli. Vedo già differenze di organizzazione: aspettare senza appuntamento costringe tutti a stare assieme. La scuola deve riaprire, ma so di colleghi che hanno chiesto l’esonero: hanno malattie pregresse e rientrano nei casi a rischio». «Sono preoccupata, ma basta fare attenzione - spiega Nadia Settesoldi - Diversi colleghi valutano l’esonero per problemi di patologie». «Un insegnante delle superiori - conclude Anna Esposito - ha più motivi per essere in ansia, visto che i ragazzi vanno in vacanza e hanno contatti la sera. Però bisogna tornare tra i banchi: la didattica a distanza per me è stata un’esperienza disastrosa. Si è smaterializzato il rapporto con gli studenti. Tra l’altro io ho lavorato in audiolezione, visto che i genitori non hanno firmato la liberatoria per le immagini. Inoltre la dad crea distanza tra ceti: non tutti hanno una stanza e un pc».
Se, come successo ieri in più casi, la stanghetta del test rapido scende, c’è un problema con il virus. «Il test rivela la presenza di anticorpi IgG e IgM - ribadisce la Tommasielli - Le IgM rivelano l’attualità della patologia, le IgG invece un contatto pregresso. Ai 452 test di oggi (ieri, ndr) seguiranno di sicuro tamponi di approfondimento. La richiesta da parte degli insegnanti era più alta della nostra offerta, ma questa è un’iniziativa supplementare e volontaria. La procedura alternativa è quella di rivolgersi ai medici di famiglia, che avranno a disposizione il kit per eseguire il test rapido. Il 70% circa dei medici finora ha aderito, e ci auguriamo che anche i più restii partecipino dopo questo evento». La sensibilizzazione dei medici di base, insomma, è stato un movente dell’iniziativa. «La scuola sarà veicolo di contagio - avverte Tommasielli - ma il diritto allo studio non può mancare. Non escludiamo di replicare i test rapidi in camion e a breve inizieremo la campagna per i vaccini contro influenza e pneumococco».
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Il Mattino