Covid a Napoli, giudice in udienza con la tuta protettiva

Covid a Napoli, giudice in udienza con la tuta protettiva
In tuta antiepidemica, mascherina e occhialini protettivi. Così il giudice Michele Caccese svolge da qualche giorno le udienze alla sezione locazioni del tribunale di...

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In tuta antiepidemica, mascherina e occhialini protettivi. Così il giudice Michele Caccese svolge da qualche giorno le udienze alla sezione locazioni del tribunale di Napoli, 90-120 procedimenti al giorno, almeno due giorni la settimana. Caccese è stato l'ignaro protagonista di una foto scatta a sua insaputa in udienza, e poi circolata sulle chat degli avvocati napoletani. Il magistrato, contattato dall'Ansa, spiega che il suo non vuole essere un gesto provocatorio, ma lo ritiene una forma di auto-tutela, necessaria avendo provato sul suo corpo cosa significa il Covid-19 e non sentendosi al riparo ora da un nuovo contagio.

«A marzo, nelle fase iniziali dell'epidemia, sono stato ricoverato un mese in condizioni piuttosto gravi al Cotugno. Ora la mia carica degli anticorpi è precipitata e le udienze per la convalida prevedono la possibilità di venire in aula. Ho ritenuto di utilizzare tale presidio perché nella situazione attuale degli ospedali se ci si ammala si muore. E io ritengo che tenere questi procedimenti senza misure adeguate, nell'impossibilità di razionalizzare l'afflusso, comporti un serio rischio di contagio». Una vicenda peculiare, ma quell'immagine del giudice bardato dalla tuta protettiva, parla del disagio con cui in questa fase, nuovamente critica, lavora chi è esposto a contatto con il pubblico. Caccese ritiene di essersi contagiato la prima volta svolgendo l'attività giudiziaria e non vuole ricaderci.

«La sezione locazioni, così come ad esempio quella che si occupa delle richieste di protezione umanitaria per i migranti, non può beneficiare della trattazione scritta con il processo telematico - spiega il presidente dell'Anm Napoli, Marcello Amura - È una polveriera». Ma il discorso, aggiunge, può essere esteso all'adeguatezza del palazzo di giustizia di Napoli. «Tre grattacieli, che non consentano l'areazione perché oltre alla finestra, all'esterno ci sono pannelli di plexiglass. E questo ha scatenato il malcontento. La trattazione scritta ha migliorato la situazione ma non l'ha risolta del tutto». In questi giorni negli uffici giudiziari napoletani si sta tenendo uno screening con i tamponi molecolari: «Numeri elevati - aggiunge Amura - per lo più di asintomatici, ma in procura ci sono stati e ci sono casi delicati sfociati in ricovero».

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Il Mattino