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La pandemia è fuori controllo, un napoletano su 28 è positivo a Sars-Cov-2: dateci i tamponi rapidi di ultima generazione - invocano i medici di famiglia - per effettuare gratuitamente la diagnosi di Covid-19 ai nostri assistiti. Camici bianchi sommersi ogni giorno da centinaia di telefonate e richieste. Pazienti giovani e meno giovani, fragili, disabili, anziani e oncologici, diabetici o cardiopatici, spesso cronici per altre patologie. In altri casi si tratta di asintomatici che scoprono il virus con un tampone fai-da-te ma che si rivolgono al medico per essere riconosciuti positivi. Oppure hanno paura perché l’infezione si sovrappone ad altre malattie dominanti. Mal di gola, febbre, tosse e raffreddore: cosa sarà? Ci si interroga se sia l’influenza, oppure l’effetto di altri virus parainfluenzali o i primi segni del Covid. E scatta la telefonata al medico, la richiesta della visita.
«I tamponi servono per differenziare la diagnosi e per certificare l’inizio e fine della malattia ora che le piattaforme regionali e nazionali sono in tilt - spiega Saverio Annunziata, medico a Chiaia - così nei casi sospetti le richieste di visite a domicilio senza una diagnosi o un tampone negativo vanno accuratamente valutate». E così possono passare giorni e giorni prima di vedere il volto del proprio medico a casa. «Non tutti hanno la possibilità di pagarsi il tampone - aggiunge Pina Tommasielli, studio a Soccavo e componente dell’unità di crisi - ci sono famiglie che si sono indebitate per pagare le spese della malattia. Abbiamo chiesto al ministero di fornirci ad horas i test di ultima generazione. Quelli che abbiamo in dotazione oggi sono obsoleti».
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Bianca Regali ha 72 anni, abita a Fuorigrotta, tra Natale e Capodanno ha fatto un test rapido in farmacia, è positiva. Non ha il molecolare ma con le nuove norme non serve. Il green pass non risulta sospeso. Il medico le ha prescritto riposo e vitamine ma nessuno è arrivato a visitarla. Ha la tosse che di notte tormenta soprattutto il marito, 80 anni, oncologico. «Fortuna che Omicron non colpisce duro - spiega - altrimenti sarei in ospedale». Chi segue questi pazienti? Perché le Usca non arrivano e i dipartimenti di prevenzione delle Asl? Un’unica risposta: i malati sono troppi. «Io ho tre collaboratori di studio, una segretaria, un infermiere e un sociosanitario - spiega Vincenzo Schiavo, dirigente sindacale della Fimmg - ma non riesco a gestire le cento e passa telefonate e le continue richieste da 1500 assistiti. Le visite domiciliari? Nel periodo emergenziale dello scorso anno un decreto stabiliva che con i sintomi riconducibili a Covid bisogna attivare le Usca. Molti medici di famiglia ci hanno rimesso la vita. Non abbiamo le tute e per ogni accesso sospetto dovremmo sanificare auto e indumenti».
In crisi è tutta la filiera delle cure di prossimità, la massa dei positivi è impressionante. A Napoli ci sono circa 30 mila persone in isolamento, 60 pazienti per ogni medico, solo il 10 o 20% seguiti dalla Asl. Alcuni sono guariti ma non possono uscire, altri positivi mai registrati e in libera uscita.
A difendere il lavoro dei medici di famiglia c’è anche lo Smi (Sindacato medici italiani): «Siamo sottoposti a una forte pressione ed altissimi carichi - sottolinea Luigi De Lucia, leader del sindacato - difficoltà dovute alla gravità della pandemia ma anche ai ritardi delle strutture sanitarie». Dito puntato sullo scollamento con le piattaforme nella redazione degli attestati di inizio e fine isolamento, nel blocco e ripristino dei green pass e nella esecuzione dei tamponi di fine quarantena. «Rigettiamo la tesi che i medici di medicina generale non rispondono alle chiamate, con sacrifici ci prodighiamo nonostante tutto andando oltre i nostri compiti. Carenze e caos organizzativo sono frutto dell’inefficienza del sistema sanitario regionale».
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