Covid a Napoli, il commercio va ko: ​la resa dei marchi storici

Covid a Napoli, il commercio va ko: la resa dei marchi storici
I nodi purtroppo stanno venendo al pettine, e diversi marchi storici partenopei cedono sotto i colpi della crisi economica dovuta alla pandemia. Al Bar Riviera, al Goodfellas e al...

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I nodi purtroppo stanno venendo al pettine, e diversi marchi storici partenopei cedono sotto i colpi della crisi economica dovuta alla pandemia. Al Bar Riviera, al Goodfellas e al Caffè del “capello di Maradona”, si aggiungono Sorbillo e Vesi, che chiude al Vomero dopo aver chiuso definitivamente in via Caracciolo, e lo storico Hadrian, griffe di moda che lascia il Vomero e cede il passo a un negozio di articoli per la casa. Nomi illustri intrappolati in un quadro sociale difficile, in cui gli imprenditori sono obbligati a svendere per pochi spiccioli attività decennali indebitate. Il Covid e le sue restrizioni non sono ancora scomparsi, ma si allunga ogni giorno di più la lista di locali celebri distrutti. Agli annunci dei ristoranti e dei negozi a rischio, stanno ora seguendo i fatti. I numeri delle attività fallite, più volte ipotizzati dalle associazioni, si stanno traducendo in saracinesche abbassate. Il blocco dei licenziamenti, e quello degli sfratti, non sono ancora decaduti (per quest’ultimo, la data fissata è al 30 giugno), ma tali misure non sono più sufficienti a frenare l’emorragia delle società in liquidazione. Debiti con proprietari dei locali e fornitori, impossibilità di generare flussi di cassa. L’insufficienza dei ristori non è l’unica caratteristica dell’effetto Covid, che costringe gli imprenditori a chiudere bottega per tanti motivi. 

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Il fenomeno delle chiusure non risparmia nessuno. Il gelo economico non tiene conto dei nomi, né della storia delle imprese. Un dato getta luce, per esempio, sull’ecatombe del centro storico: dal 2015 al 2019 i pubblici esercizi (rosticcerie, trattorie, attività di food e drink) ai Decumani erano passati da circa 5 a 35, per rispondere al boom turistico. A pochissimi passi dal bar del capello di D10s, chiuso e indebitato per 50mila euro, in via Nilo, c’era fino a due settimane fa il nuovo locale di Gino Sorbillo: un negozio di pizze fritte aperto a dicembre 2020. «Siamo sempre al punto di partenza - spiega lo stesso Sorbillo - la crisi dura da un anno e non se ne vede la fine. Lo scorso marzo sollevavo problemi che purtroppo sono stati sottovalutati. Nessuno si salva: siamo in ginocchio. Ci sono tante attività morose, indebitate, con l’acqua alla gola, messe in vendita per pochi soldi. Quanto al locale nei pressi del Corpo di Napoli, il nuovo punto vendita non andava bene, visto il deserto. Ho sostenuto le spese dei 6 dipendenti, che essendo neo-assunti non potevano essere messi in cig. Riaprirò solo se, e quando, arriveranno condizioni di normalità. Non potevo continuare con 10 pizze al giorno. Lo avevo opzionato prima della pandemia, ma ora è chiuso. Non riuscivamo a coprire le spese: il centro storico è un paese fantasma». Negozi di arredi sacri, salumerie-ristorante, trattorie standard: i Decumani sono una distesa di negozi sfitti dalla Pignasecca ai Tribunali. E in questo quadro, il gioco diventa più semplice per la criminalità organizzata: il credito di imposta, la misura più usata dallo Stato per sostenere le attività nei costi degli affitti, non genera infatti nessun flusso di liquidità.

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Quello di Giuseppe Vesi è un altro nome illustre messo ko. Dopo la chiusura di Vesi Gourmet, arriva anche la resa del locale in viale Michelangelo, al Vomero. «I costi da sostenere erano troppo alti - si sfoga il noto pizzaiolo - pagavo 12mila euro al mese di affitto a Chiaia. Lo sconto tramite credito di imposta è arrivato per 5 mesi, a fronte di un anno di incassi crollati. Il credito di imposta non è una misura utile: l’affitto al proprietario bisogna pagarlo lo stesso, e solo dopo verrà recuperato con le tasse. Ho chiuso anche in viale Michelangelo, e non so se riaprirò. Per quel locale non ho ricevuto un centesimo di ristori: era un’impresa nata nel 2019, e quindi non c’era possibilità di parametrare gli aiuti. Se verrò escluso anche dai prossimi ristori, o aprirò violando le regole al Vomero, o chiuderò bottega per sempre anche lì. È stato chiuso anche il locale appena aperto a febbraio 2021 in via Nisco, dove ero consulente e titolare del marchio. È durato appena 20 giorni: è sospeso causa pandemia. Sono pieno di debiti: fitti arretrati e fornitori. Non resisto più». Chiude ma riaprirà appena possibile, anche se tra molte difficoltà, anche la storica pizzeria Brandi in via Chiaia. Il bollettino delle attività finite è destinato ad allungarsi: Cantina di Triunfo, il Bar Riviera e Vesi a Chiaia. «Ci sono 12 famiglie senza più introiti - racconta Matteo De Lise, curatore fallimentare del Bar Riviera e presidente dell’Unione Giovani Commercialisti - Ad oggi non è arrivata nessuna offerta, ma ci sta molto a cuore risolvere in fretta la questione per aiutare chi è in crisi». Il Goodfellas, noto pub di musica live in via Morghen, e Rossopomodoro in via Cimarosa hanno chiuso i battenti al Vomero. 

 

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Il Mattino