Covid in Campania, 150mila professionisti in agonia: «Senza aiuti da otto mesi»

Covid in Campania, 150mila professionisti in agonia: «Senza aiuti da otto mesi»
I ristori elargiti per il 2020 non sono stati sufficienti e per il nuovo anno ne occorreranno altri, con requisiti completamente diversi. Allo studio del governo Conte...

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I ristori elargiti per il 2020 non sono stati sufficienti e per il nuovo anno ne occorreranno altri, con requisiti completamente diversi. Allo studio del governo Conte c’è la possibilità di introdurre una nuova tornata di bonus, necessaria per includere nella platea dei beneficiari tante categorie completamente escluse finora. Il decreto Ristori 5, però, rischia di svanire per la crisi di governo. E a farne le spese potrebbero essere, oltre a tante categorie produttive, anche i liberi professionisti iscritti alle casse previdenziali private, la cui attività risulta fortemente ridotta per la crisi economica.

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I bonus previsti dai 4 decreti precedenti - quelli introdotti a partire dallo scorso novembre - non hanno mai riguardato i professionisti. Un foltissimo gruppo di lavoratori autonomi - oltre 80mila a Napoli e 156mila in Campania - che comprende avvocati, architetti, ingegneri, commercialisti, medici, biologi e tutte le altre libere professioni. Tutti senza protezione sociale. In Campania il 62% di essi aveva usufruito nella primavera scorsa dei bonus previsti dal decreto Rilancio. Un beneficio riservato a coloro che avevano subito un calo del fatturato di almeno il 33%, rispetto all’anno precedente. 


È proprio la Campania, secondo i dati dell’Adepp, l’associazione degli enti di previdenza privata, la regione con il maggior numero di beneficiari - in tutto 97mila - del reddito di ultima istanza. Una conferma dell’impatto devastante dell’emergenza sanitaria sulle libere professioni. Un ristoro diventa, dunque, fondamentale per i tanti professionisti del nostro territorio. «Si tratterebbe di un riconoscimento fondamentale per i commercialisti - spiega il presidente dell’Ordine di Napoli Vincenzo Moretta - una categoria essenziale che dallo scorso febbraio è sotto pressione per la continua emanazione di decreti volti a fronteggiare la crisi delle aziende loro clienti, su cui si ripercuote la crisi di liquidità». Mentre Concetta Marrazzo, consigliere dell’Ordine degli Architetti, sposta il tiro anche su altre questioni: «Un sussidio è necessario per tamponare momentanee situazioni di difficoltà. È fondamentale, però, intervenire anche su altri fattori, come gli sgravi fiscali. Che senso ha far slittare il pagamento delle tasse se la cifra resta invariata?».

La pandemia ha evidenziato la questione della totale mancanza di strumenti di welfare per i lavoratori autonomi. Anche per coloro- e si tratta comunque di una minoranza - che hanno potuto usufruire di indennità e contributi a fondo perduto - la crisi economica rischia di produrre danni incalcolabili a lunga scadenza. Proprio per porre rimedio a una probabile emergenza sociale, è nata un mese fa l’Iscro, la cassa integrazione per le partite Iva iscritte alla Gestione Separata Inps. Ad istituire l’Iscro in via sperimentale per il triennio 2021-2023 - un’iniziativa della Consulta del Lavoro autonomo e delle professioni insediata presso il Cnel - è stata la Legge di Bilancio approvata a fine dicembre. La Cig per gli autonomi prevede un assegno mensile erogato dall’Inps, per un importo che va da un minimo di 250 euro ad un massimo di 800 euro. Ad averne diritto sono le partite Iva che hanno subito perdite del 50% rispetto ai tre anni precedenti. Ma l’Iscro non riguarda i liberi professionisti iscritti alle casse private. E così per tantissimi freelance le forme di protezione sociale non scatteranno. «È auspicabile che uno strumento come l’Iscro - sottolinea Mauro Pantano, presidente della Confederazione Imprese e Professionisti di Napoli - venga introdotto anche per i liberi professionisti iscritti alle casse private. Chiediamo al governo di tenerne conto. Su di essi gravano spese enormi che non toccano a quelli della Gestione Inps. I professionisti, ad esempio, versano contributi soggettivi annuali alle casse private, che per alcune professioni arrivano fino a 5mila euro, indipendentemente dal loro fatturato. Nemmeno i presidenti degli Ordini hanno preso posizione a favore dei professionisti».
 

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Il Mattino