Covid a Napoli: «Cardarelli assediato, per il pronto soccorso solo casi mirati»

Covid a Napoli: «Cardarelli assediato, per il pronto soccorso solo casi mirati»
Il Cardarelli, la più grande fabbrica per la Salute in Campania sede del più attrezzato pronto soccorso del Sud risente oggi della carenza di personale, del...

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Il Cardarelli, la più grande fabbrica per la Salute in Campania sede del più attrezzato pronto soccorso del Sud risente oggi della carenza di personale, del logoramento dopo due anni di pandemia, della fuga di camici bianchi dalle prime linee, di pensionamenti dopo anni di blocco del turnover. Come affrontare questo snodo alla vigilia degli investimenti sul territorio del Pnrr? A rispondere è Giuseppe Longo, manager che ha guidato con autorevolezza, negli ultimi anni, questa corazzata della Sanità campana.

Qual è lo stato di salute del Cardarelli?
«Siamo stati messi tutti a dura prova da un evento epocale come la pandemia. L'ospedale con la sua eccezionale squadra di operatori e grazie alle competenze e all'abitudine a fronteggiare situazioni complesse, ha dimostrato di essere all'altezza».

Non sono mancate difficoltà e spie rosse...
«Ci sono nodi relativi alle carenze di specialisti di medicina d'urgenza e pronto soccorso strutturali all'intero sistema sanitario italiano. È un dato di fatto la scarsa attrattività di queste aree. Nodi che potranno essere sciolti solo sul piano legislativo e dunque a livello nazionale».

L'emergenza Covid ha consentito di reclutare gli specializzandi.
«Un'opportunità, che vedrà frutti nei prossimi anni. Oggi la stagione dei concorsi, con la richiesta di medici in tutte le discipline, acuisce le difficoltà a reperire giovani. La complessità del Covid rende tutto più difficile».

Sul fronte assunzioni come state procedendo?
«Durante il mio mandato abbiamo assunto 345 medici, 585 infermieri e 355 operatori socio sanitari con cui abbiamo garantito il turn-over. Sono in atto i concorsi per le direzioni di strutture complesse di Chirurgia generale, Neurochirurgia e Medicina trasfusionale. Alle graduatorie del comparto hanno attinto anche altre aziende sanitarie. Nonostante le emergenze il Cardarelli è stato protagonista alleviando i momenti di difficoltà. Anche in questi ultimi mesi abbiamo continuato a reclutare infermieri (30) e medici (4)».

Il nodo affollamento in pronto soccorso sta diventando sempre più ingarbugliato.
«Se sospendiamo gli accessi lo facciamo unicamente per garantire la piena sicurezza di pazienti e operatori. Stop momentanei per decongestionare l'area di Pronto soccorso e solo per prestazioni con codice verde e bianco, a bassa urgenza garantendo i codici rossi a massima urgenza e i gialli. Oltre il 60-70 per cento degli arrivi potrebbero essere trattati in altri percorsi territoriali. L'investimento che la Regione ha programmato con la riorganizzazione delle cure territoriali (Case ed ospedali di Comunità) punta proprio alla riduzione delle ospedalizzazioni ad alto rischio di inappropriatezza».

Il Cardarelli soffre anche dei posti che dedica al Covid?
«L'ospedale ha una vocazione emergenziale e per l'alta specialità, siamo attrezzati per risposte di ogni tipo. Il Covid negli ultimi mesi si sovrappone ad altre patologie dominanti, per cui diventa una complicazione in più. Nelle due grandi ondate l'azienda ha messo a disposizione dei pazienti Covid più di 200 posti dei circa 1000 attivi ed ha continuato a dare risposte a malati non Covid di particolare complessità».

Esistono soluzioni strutturali all'interno del padiglione emergenza?
«Abbiamo un progetto di riallocazione di spazi e funzioni, finanziato dalle risorse nazionali per l'edilizia sanitaria che a breve dovrebbe partire».

L'aiuto che vi giunge dai Policlinici e da altri ospedali è sufficiente?
«Gli aiuti certamente sono utili. In effetti accogliamo molti trasferimenti da altri ospedali, malati complessi. La nostra risposta è massima. Va anche detto che i cittadini che arrivano nel nostro pronto soccorso in attesa di essere spostati nelle unità di destinazione spesso rifiutano di essere trasferiti altrove».

Come si esce dall'attuale snodo?


«In tutta Italia, anche nelle regioni virtuose, quali Toscana, Emilia, Lombardia, la pandemia ha provocato effetti a catena che hanno messo in gravi difficoltà grandi e piccoli ospedali. Dobbiamo continuare ad avere consapevolezza della pandemia, essere prudenti, puntare su vaccini e mascherine per evitare che il virus metta sotto pressione le reti sanitarie». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino