Cuma, diciannove secoli tornano alla luce con un nuovo scavo

Cuma, diciannove secoli tornano alla luce con un nuovo scavo
POZZUOLI. La storia di Cuma lungo la sua durata. È la scoperta fatta nell'ultima campagna di scavo dall'equipe di archeologici del Centré Jean Berard di...

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POZZUOLI. La storia di Cuma lungo la sua durata. È la scoperta fatta nell'ultima campagna di scavo dall'equipe di archeologici del Centré Jean Berard di Napoli nella parte bassa dell'area archeologica. «Il nostro è stato un vero e proprio viaggio nel tempo dal sesto secolo avanti Cristo al tredicesimo secolo dopo Cristo - ha spiegato Priscilla Munzi, dirigente di ricerca del Centré Jean Berard di Napoli e del Cnr di Francia -. Una vera e propria stratigrafia della necropoli di Cuma. Abbiamo indagato con i nostri saggi nella zona sub-urbana e nella città antica dove nonostante le difficoltà per la falda acquifera molto alta siamo riusciti a portare alla luce diversi monumenti funerari e artigianali».

 

Gli scavi hanno avuto inizio dalla metà di maggio e si concluderanno martedì prossimo. Al lavoro più di venti giovani studenti di archeologia non solo italiani ma provenienti anche dalla Francia e dal Brasile. «Abbiamo scavato per circa sei metri di profondità e nei vari livelli è stato un continuo scoprire e rivedere la storia dell'antica Cuma - continua la dottoressa Munzi -. Dalla tomba di età arcaica a quella di epoca romana fino a quelle più importanti dell'età imperiale e del basso Medioevo. Ma la novità che abbiamo scoperto è che ad un certo punto gli abitanti dell'epoca hanno lasciato la città bassa e si sono spostati verso la zona alta dell'acropoli. Molto probabilmente questo è coinciso quando la porta della città era una zona paludosa».


Così si va da una tomba a inumazione dell'età del ferro, risalente al 900 a.C. rinvenuta in un abitato arcaico e greco-romano, ad una struttura addirittura del tardo Medioevo. «Una vera e propria torre difensiva con ambienti artigianali, edificata su mura pre-esistenti, esterna all’area della porta mediana della città - dice la dottoressa Munzi -, Poco prima del suo completo abbandono. Così come un nuovo portico localizzato nell’area del Foro, nel periodo sannita e improvvisamente interrotto, fatto che ha destato in noi una certa perplessità e che ci induce a continuare a scavare perché Cuma ha ancora tanto da dire». Un lavoro condotto in maniera scientifica con un laboratorio di ceramica allestito sullo scavo dove è stato analizzato tutto ciò che è stato portato alla luce. Una parentesi interessante è stata quella che ha visto all'opera i giovanissimi studenti, di età compresa tra i dieci e i dodici anni, della scuola francese Alexandre Dumas di Napoli. «Un'esperienza assolutamente da ripetere perché credo che i bambini soprattutto nella nostra zona debbano studiare l'archeologia e viverci a stretto contatto - conclude l'archeologa del Centré Jean Berard -. Hanno scavato e lavorato con noi». Ma come detto Cuma ha ancora tanto da dire, infatti, è stata la città dove otto secoli prima di Cristo, per opera di coloni provenienti dall’Eubea, isola greca del mar Egeo, nacque l’alfabeto che è stato poi usato dalle genti europee. Ma anche la più antica colonia greca d’Occidente e da cui nacque quella che prima di essere Neapolis, Napoli, fu Partenope e poi Palepolis. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino