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«Otto anni di precariato e poi mi dicono: ormai sei vecchio. Tempo scaduto». Tempo scaduto, vita scaduta, si è detto Fabio De Muro, 41 anni, napoletano senza patria che ieri è andato a morire vestito per come avrebbe voluto vivere: con il giubbotto dei vigili del fuoco.
«Aveva programmato tutto - dice Antonio, il fratello maggiore, 50 anni - aveva scelto i luoghi dell’infanzia, a Qualiano, e si era messo la divisa che era la sua speranza di stabilità e l’immagine di quanto di positivo desiderava fare per se e gli altri». È andato a morire di sua mano, vestito con quella che era la sua armatura da cavaliere. Ed ha lasciato in vista il tesserino da vigile del fuoco precario, quelli che lavorano tre-quattro mesi, perchè - Antonio ne è convinto - i primi a sapere fossero i colleghi di Brescia. «Quelli che gli volevano bene e che sapevano cosa avesse voluto dire per lui essere respinto al concorso per vigile del fuoco effettivo per un problema di raggiunti limiti di età».
Per Fabio tornato a Napoli un anno fa, quel rifiuto era stato il game over di un’esistenza affannata. Prima con la famiglia, padre madre e quattro fratelli, dai Quartieri Spagnoli di Napoli a Marano, poi a Qualiano e da qui all’Australia. Poi da solo prima in Inghilterra e poi a Brescia, a cercare lavoro all’Iveco e, alla fine, come volontario e precario dei vigili del fuoco. Aveva corso tanto, Fabio. Aveva provato tante strade, il calcio, la musica, il lavoro in fabbrica. Aveva di certo passione e sogni. Gli è stato fatale avere scollinato i 40 anni nel momento in cui il ministero dell’Interno ha offerto la possibilità di passare effettivo per concorso. «Il limite era 37». Game over, si è detto Fabio. Si è sentito scartato, per usare un’espressione cara a papa Francesco quando parla dei preferiti di Dio. Nella sua lettera ha scritto: «Auguro a tutti i miei colleghi precari di poter presto diventare stabili al più presto. Io sono un prigioniero della precariertà. Addio»
Il Mattino