NAPOLI - Hanno atteso la sentenza prima di parlare e lanciare accuse pesanti al sistema dell'informazione ma anche mettendo in luce aspetti della vicenda giudiziaria che...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Sulla decisione presa dai giudici della III corte d'appello di Roma, i genitori di 'Gastonè non usano mezzi termini. Per loro si tratta di «una condanna esclusivamente mediatica e simbolica già decisa molto prima dell'inizio del processo. Una sentenza a dispetto di qualsiasi prova e di qualsiasi logica, data di prepotenza in quanto obbligata mediaticamente». Nella missiva si fa riferimento al «pregiudizio» e alla «facilità con la quale viene strumentalizzato».
«Vi siete mai chiesti - si domandano - che influenza abbia avuto ascoltare perennemente una versione soltanto, urlata da tutti megafoni mediatici esistenti?». E ancora: «noi a prescindere da torti o ragioni, abbiamo sempre rispettato il dolore altrui, non intraprendendo né raccogliendo mai battaglie mediatiche; in silenzio riponevamo fiducia solo nelle indagini, ritenendo che replicare non fosse importante, che fosse importante solo aspettare e occuparci delle condizioni gravissime di Daniele che, dopo più di due anni, è ancora lì immobile su una barella con una intelaiatura d'acciaio alla gamba, cercando di salvare il resto dall'amputazione, in quanto appena tre mesi fà gli sono già stati amputati 15 cm di osso necrotico. Ma in fondo cosa ha di grave? 'Un taglio al piedè, vi dicono oggi».
In sostanza i genitori di De Santis affermano che quel giorni, nella zona di viale Tor di Quinto, il loro figlio fu vittima di «un linciaggio». È «vergognoso - sostengono - il tentativo di occultare le ben otto coltellate da cui si è salvato. Incredibile vedere come il tentato omicidio di Daniele a coltellate e sprangate venga omesso con naturalezza e sfacciataggine».
Nella lettera vengono ricostruiti le drammatiche fasi degli scontri e in particolare nel vialetto di accesso al Ciak Village, luogo dove viveva l'ultrà giallorosso.
Il Mattino