La norma salva Comune di Napoli: lo Stato si accolla debiti per oltre un miliardo

La norma salva Comune di Napoli: lo Stato si accolla debiti per oltre un miliardo
Solo 4 commi in cui lo Stato dovrebbe accollarsi una parte dei debiti di Palazzo San Giacomo. Anche attraverso obbligazioni ad hoc. Già dal primo gennaio e con la...

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Solo 4 commi in cui lo Stato dovrebbe accollarsi una parte dei debiti di Palazzo San Giacomo. Anche attraverso obbligazioni ad hoc. Già dal primo gennaio e con la possibilità del Comune di aggiornare i propri bilanci, tenendo conto di quella che è una nuova entrata a tutti gli effetti. 

È l’emendamento, ancora da limare o anche modificare, che dovrebbe essere presentato oggi in attesa della discussione a Palazzo Madama, la prossima settimana, della Finanziaria. Per ora in calce c’è la firma della senatrice dem Valeria Valente a cui dovrebbero aggiungersi (se non vorranno presentarne uno identico per rimarcarne la co-titolarità) quelle del collega M5s Enzo Presutto e di Vasco Errani (Leu), che della legge di bilancio è relatore per la maggioranza. Ma l’obiettivo ovviamente è che l’emendamento diventi bipartisan tra i parlamentari campani. Anche se, ed è stato il primo intento di chi vi ha lavorato tra tecnici e politici, non è tecnicamente un Salva Napoli ma una norma generale per tutte le grandi città in certe condizioni debitorie come recita anche il titolo: «Accollo del debito finanziario dei comuni capoluogo delle città metropolitane». Ma è fuori discussione che la norma sia stata costruita tutta attorno al caso Napoli che sarebbe il maggior, se non l’unico beneficiario, della norma. Sempre che, ovviamente, passi così come è nella discussione al Senato. 

Per ora nessun commissario o scorporo dei debiti storici ma un accollo sic e simpliciter da parte dello Stato che dovrebbe valere circa un miliardo per Palazzo San Giacomo.

Il testo da presentare a palazzo Madama, che il Mattino ha letto, infatti prevede una serie di caratteristiche, affinché sia Roma a farsi carico del rosso del Municipio. Una via d’uscita già in parte concordata con il Mef ma che in queste ore potrebbe aver bisogno di nuove limature o aggiustamenti prima del bollino ufficiale dello stesso dicastero. Ma c’è ancora tempo se i termini per presentare l’emendamento scadono alle 17 di oggi. 

Il testo prevede come «il Ministero dell’Economia e delle Finanze è autorizzato a procedere, in via alternativa, alla ristrutturazione, con integrale accollo da parte dello Stato, dei mutui, e delle operazioni derivate ad essi connessi, e dei prestiti obbligazionari di titolarità dei comuni capoluogo delle città metropolitane». 

Operazione a cui possono accedere gli enti che «abbiano già deliberato il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale - ai sensi dell’articolo 243-bis del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267; oppure abbiano deliberato un piano pluriennale di interventi monitorato dalla competente sezione della Corte dei conti». 

In questo caso il ministero può intervenire «anche attraverso l’emissione di apposite obbligazioni da parte dello Stato in sostituzione dei mutui, e delle operazioni derivate ad essi connessi, e dei prestiti obbligazionari oggetto di accollo». 

Ai commi 2 e 3 invece vengono stabiliti i tempi di attuazione. Che sono ravvicinati se «dal 1 gennaio 2022 il debito derivante dai mutui, dalle operazioni derivate ad essi connessi e dai prestiti obbligazionari, oggetto dell’accollo è iscritto nel bilancio dello Stato che corrisponderà le rate di ammortamento agli istituti finanziatori». Pagamenti, quindi, che si riserva di effettuare lo Stato mentre i comuni beneficiari hanno l’obbligo di «dare evidenza degli effetti dell’accollo da parte dello Stato, nella nota integrativa allegata al bilancio di previsione 2022-2024 e nella relazione sulla gestione allegata al rendiconto 2021». Con l’ok ai Comuni di differire al 30 aprile 2022 «il termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2022-2024» mentre «fino a tale data è autorizzato l’esercizio provvisorio».



Ovviamente questa è la rotta tracciata che non tiene conto di eventuali perturbazioni. Ad iniziare della bollinatura del Mef all’emendamento che ancora non c’è anche se ci sarebbe un accordo di massima stabilito tra il ministero e l’assessore al Bilancio del Comune di Napoli Pier Paolo Baretta. Quest’ultimo, dopo il vertice la scorsa settimana con il sindaco Manfredi a Roma, sarà oggi di nuovo nella Capitale per un ultimo tavolo tecnico con la viceministra Castelli e verificare se ci sono tutti i via libera al testo da discutere. Che dovrebbe valere circa un miliardo di liquidità sui 5 del rosso di San Giacomo. Con il dubbio, leggendo il testo, che il governo non ha chiesto nessuna contropartita. Né riorganizzazione delle partecipate, dismissione del patrimonio immobiliare o almeno un aumento della percentuale di riscossione di sanzioni e tasse. Possibile, quindi, che Roma si accolli questa parte di debito senza niente in cambio? Probabile, invece, che proprio stamattina nel corso dell’ultimo vertice prima della scadenza della presentazione dell’emendamento sul tavolo possano essere messe delle condizioni che non si limitino solo al controllo della Corte dei Conti. Qualcosa, in cambio. Anche perché, e qui entra in mezzo lo scenario politico, sarebbe molto difficile poi fare un fronte comune con i senatori campani del centrodestra. E per passare l’emendamento a Palazzo Madama è necessario che sul testo ci sia un appoggio più ampio e trasversale.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino