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La vera partita incomincia ora. Con il tema Napoli che entra, stavolta ufficialmente, nell’agenda del governo e del Mef che devono decidere come operare. Con l’accollo dei debiti, come dall’emendamento presentato dal Pd e dall’M5s, o con un commissario, come ha chiesto, sempre sotto forma di emendamento alla Finanziaria, un gruppo di senatori grillini. Ecco lo scenario, politico, che si gioca tra San Giacomo e il governo per cercare la strada più praticabile per liberare Napoli, anche in parte, da quel fardello di 5 miliardi di debiti. Con una navigazione da mare aperto se arriva ora la fase più difficile: fare in modo che la manovra diventi bipartisan quando il testo arriverà a palazzo Madama nella prima decade di dicembre. E s’inizia proprio per questo, da ieri, ad evitare di parlare ancora di “salva Napoli”. Per evitare quella connotazione politica data da Pd, M5s e Leu all’indomani della discesa in campo del sindaco Manfredi.
Il primo, come anticipato ieri da Il Mattino, prevede «l’accollo totale da parte dello Stato, dei mutui, e delle operazioni derivate ad essi connessi, e dei prestiti obbligazionari di titolarità dei comuni capoluogo delle città metropolitane». Con tempi strettissimi perché, è scritto sempre nel testo presentato, prevede la «decorrenza dal 1 gennaio, il debito derivante dai mutui, dalle operazioni derivate ad essi connessi e dai prestiti obbligazionari è iscritto nel bilancio dello Stato che corrisponderà le rate di ammortamento agli istituti finanziatori». Con l’unico obbligo da parte dei comuni delle città metropolitane che rientrerebbero nella manovra di differire «al 30 aprile 2022 il termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2022-2024» e aggiornare i propri bilanci, con quelle che sono nuove entrate, «entro 60 giorni».
Il testo è stato presentato ieri e ha come prima firmataria la senatrice del Pd Valeria Valente, seguita dal collega di partito Daniele Manca, Sandro Ruotolo (Misto) e l’ex grillina Paola Nugnes.
Qui, nella richiesta dell’M5s, viene prevista la classica figura di supporto, quella del commissario, che deve gestire i passivi, anche accendendo prestiti presso la Cassa depositi o rinegoziando i mutui. Viene poi chiesta l’istituzione di «un fondo con una dotazione annua di 200 milioni di euro, a decorrere dall’anno 2022, per il concorso al sostegno degli oneri derivanti dal piano per l’estinzione del debito pregresso del Comune di Napoli». È il passaggio su cui insistevano di più i vertici di San Giacomo proprio per rimettere in piedi la macchina comunale. Ma l’istituzione di un commissario se da un lato sgrava il sindaco dal rosso, dall’altro dà i poteri a una persona esterna nominata dal Cdm di aumentare le aliquote sulla tassazioni comunali.
Sin qui i desiderata che arrivano da Napoli ma ora è chiaro che arriva la partita più difficile: inizia la trattativa per portare a casa qualcosa. Con la differenza che da ieri pomeriggio la discussione esce dai tavoli informali della politica delle ultime settimane per incardinarsi come un ordine del giorno da porre al governo. Che deve prendere le sue decisioni, attraverso il Mef. Non si ferma, quindi, il lavoro dell’assessore al Bilancio Baretta al tavolo (anche ieri) del Mef per verificare non solo la rotta migliore ma anche quanto il governo metterà, in termini economici, sul piatto. Un lavoro che verrà fatto attraverso le commissioni e, in ultima battuta, al Senato quando si dovrà votare la manovra. Con l’aiuto, ed è il lavoro di queste ore nei corridoi, di trovare una pattuglia di senatori che vada oltre la maggioranza di San Giacomo e coinvolga anche il centrodestra. «Come M5s abbiamo presentato emendamenti per trovare una soluzione definitiva per Napoli andando incontro ai nostri concittadini. Ora - spiega il senatore grillino Presutto - si aprirà un confronto con il governo ma finalmente ci sono atti parlamentari forti per gestire il problema nelle sedi parlamentari preposte».
Il Mattino