Don Merola, auto sfregiata a Napoli: «Ho detto no ai babyboss»

Solidarietà da ministro e capo della polizia, venerdì prossimo un incontro al Viminale

L'auto vandalizzata di don Luigi Merola
«La Chiesa deve avere il coraggio di dire che chi appartiene a ogni forma di criminalità è fuori dalla comunione di Dio. In questo periodo ho detto no alla...

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«La Chiesa deve avere il coraggio di dire che chi appartiene a ogni forma di criminalità è fuori dalla comunione di Dio. In questo periodo ho detto no alla messa alla prova per tutti coloro che fanno parte di associazioni camorristiche, poiché con la legge Cartabia per molti reati si può scontare la pena in enti del terzo settore come il nostro». Potrebbe essere questa, secondo don Luigi Merola, una delle ipotesi del raid subito alla sua auto venerdì sera, quando ignoti hanno danneggiato i finestrini e portato via un lampeggiante. A seguito dell’episodio il sacerdote sarà ricevuto insieme ai ragazzi della Fondazione ‘A voce d’ ‘e creature di cui è presidente il prossimo 19 aprile, alle 10, dal ministro dell’interno Matteo Piantedosi, che lo accoglierà a Roma con il capo della polizia Vittorio Pisani.

«Un bel gesto da parte loro - dice don Luigi - dopo quanto accaduto. Ci verranno a prendere con due pullman della polizia, visiteremo il Colosseo e pranzeremo con loro. Mi ha chiamato anche il vescovo don Mimmo Battaglia». Il fatto è accaduto in una zona della città (che il parroco preferisce non dire «dato che vi sono indagini in corso», chiarisce), dove qualcuno ha mandato in frantumi i vetri forse con un casco e ha rubato il dispositivo di segnalazione. «Chi è stato sa che quella è l’auto di servizio per la mia sicurezza, perché spesso parcheggio lì. Ma non molleremo».

Intanto al prete anticlan è arrivato anche il sostegno di Francesco Emilio Borrelli, deputato di Alleanza Verdi Sinistra: «Esprimo la mia totale e incondizionata solidarietà a don Luigi Merola», dichiara in una nota parlando di «un gesto vile come nella tradizione della criminalità, di fronte al quale l'unica risposta è proseguire senza sosta l’attività di contrasto alla criminalità organizzata, cercando di sottrarre dalle grinfie dei clan giovanissimi da arruolare. Mi auguro che gli autori vengano subito individuati e sono lieto che il Comune abbia deciso di affidare per altri 20 anni la sede alla Fondazione 'A voce d’ ‘e creature». Come da sua abitudine don Merola aveva parcheggiato in quel posto l’auto che utilizza assieme all’agente che lo segue ogni giorno per proteggerlo. Ma venerdì scorso qualcuno ha deciso di lanciare un messaggio all’ex parroco di Forcella. «Erano all’incirca le 22.30 - spiega - quando abbiamo sentito un rumore pensando a un incidente sotto casa. Una volante della polizia ci ha avvertiti, avendo riconosciuto dalla targa la nostra auto. Non so quale sia il messaggio che mi abbiano voluto dare». 

E sui motivi del raid: «Le ipotesi sono varie. Tre mesi fa ho sventato la rapina di un’auto assieme al mio agente. Ma in questi giorni ho rifiutato di accogliere in fondazione per la messa alla prova molte persone che devono scontare reati per associazione camorristica. Non posso accogliere chi finora gestiva una piazza di spaccio o era affiliato ai clan. Ho invece accolto molti ragazzi dell’istituto di pena minorile di Nisida, che devono avere la possibilità di rifarsi una vita e altri che hanno commesso reati comuni».

L’appello

Infine sull’appello lanciato dal vescovo Antonio Di Donna, presidente della Conferenza episcopale campana, alla chiesa militante affinché non retroceda rispetto a fenomeni di criminalità, padre Luigi non ha dubbi: «La Chiesa ha un solo compito, sanare donne e uomini ammalati. Un prete che non si sporca le mani e non diventa pescatore di uomini non è prete. Per anni abbiamo avuto gli occhi chiusi, specie di fronte ai clan. Adesso basta», ha concluso.

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Il Mattino