Raid contro la fedifraga a Torre Annunziata: chiesti sette anni per le donne del clan

Raid contro la fedifraga a Torre Annunziata: chiesti sette anni per le donne del clan
Spedizioni punitive con aggressioni umilianti e violente anche ai danni di una donna incinta. Tutto per un tradimento da «vendicare». Cinque donne vicine alla camorra...

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Spedizioni punitive con aggressioni umilianti e violente anche ai danni di una donna incinta. Tutto per un tradimento da «vendicare». Cinque donne vicine alla camorra di Torre Annunziata sono accusate di ripetute aggressioni ai danni di tre persone. Per loro, la pm Bianca Maria Colangelo ieri ha chiesto la condanna a sei anni e dieci mesi di reclusione ciascuno. Le imputate sono Anna De Simone e le figlie Patrizia, Valeria, Mariana e Annunziata Iovene, rispettivamente nonna, mamma e zie di uno dei rampolli della camorra del rione Penniniello. Insieme a Salvatore Iovene (altro figlio della De Simone) e Vittorio Nappi (ferito in un agguato nel 2017), entrambi già condannati in abbreviato a quattro anni di reclusione, le cinque donne sono accusate di vere e proprie scorribande, avvenute anche durante il lockdown della primavera scorsa e partite nell'autunno 2019.

Sono tre gli episodi principali ricostruiti dalle indagini condotte dai carabinieri e coordinate dalla Procura di Torre Annunziata, anche grazie alle testimonianze delle vittime. Dopo quella relazione clandestina, la De Simone avrebbe ordinato una vera e propria «vendetta per un oltraggio che non poteva essere perdonato» come ha ricostruito la pm Colangelo durante la sua requisitoria, dinanzi al giudice Enrico Contieri. L'aggressione più eclatante il 7 aprile dello scorso anno, in pieno lockdown, a Boscoreale. La 45enne, accusata di avere una relazione extraconiugale con il marito della De Simone, si reca dall'estetista e incrocia per strada Salvatore Iovene e Nappo. I due la aggrediscono con calci e pugni e chiamano a raccolta le donne con una telefonata. La 45enne riesce a sfuggire ad un secondo pestaggio, rifugiandosi nuovamente dall'estetista. Lì racconta riesce a vedere con attenzione un furgone bianco ed una Volkswagen T-Rock, che poco dopo vengono ritrovate nei pressi di casa delle Iovene. Questo pestaggio spinge finalmente le vittime a denunciare, ripercorrendo tutti i precedenti dei mesi addietro, arrivando alla rapina della borsa e del cellulare. 

Tutto è stato, poi, ricostruito anche tramite le chat recuperate dalla figlia della 45enne, a sua volta vittima di un'aggressione. La giovane donna, incinta, era stata presa a calci e pugni nei pressi dello stadio Giraud di Torre Annunziata sempre da tre delle sorelle Iovene. In quella occasione erano presenti molti testimoni che non intervennero: le donne era agguerrite, armate di forbici con le quali tagliarono anche i capelli alla loro «rivale» in dolce attesa. La stessa giovane fu vittima di una seconda aggressione, insieme alla mamma, stavolta a Castellammare di Stabia. In quella occasione le donne pestarono la 45enne e le tagliarono tutti i capelli, rapinandole la borsetta. Poco dopo arrivò Salvatore Iovene che, dopo uno scambio di battute con la figlia della 45enne, quasi la investì con l'auto, mettendo a rischio la gravidanza. Anche il figlio della 45enne, che da anni non vive con lei, era stato oggetto di un'aggressione a colpi di casco da parte di uomini sconosciuti che poi non ha mai voluto denunciare. Tra un mese toccherà ai difensori delle imputate, gli avvocati Antonio Iorio e Massimiliano Lafranco, provare a dimostrare l'innocenza delle loro assistite. 

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Il Mattino