Elezioni in Campania, i piccoli comuni al voto invasi da liste farlocche

Nella regione 35 simboli "usa e getta"

Elezioni
Una consuetudine, un "privilegio" previsto dalla legge,...

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Una consuetudine, un "privilegio" previsto dalla legge, un'anomalia che diventa normalità. E così nei 31 Comuni di Terra di Lavoro al voto si contano 25 liste cosiddette "farlocche". Ben 25 spalmate in sei piccoli borghi, tutti con meno di mille abitanti. Ma se il record si registra a Caserta, l'intera regione Campania non è immune al fenomeno. Tra Benevento, Avellino e Salerno in questa tornata elettorale dell'8 e 9 giugno, se ne registrano altre 10. Si tratta di liste formate in prevalenza da militari non residenti nel comune per il quale si candidano. Schieramenti che hanno l'unico obiettivo di permettere ai candidati di ottenere un mese di aspettativa retribuita. Un escamotage consentito dall'articolo 1484 del Codice dell'ordinamento militare (Com) e favorito dal Testo unico degli enti locali (Tuel) che non dispone l'obbligo di sottoscrizione delle liste nei Comuni fino a mille abitanti.

Un espediente che già da tempo, però, indigna chi in questi piccoli municipi ci vive e crede nella competizione elettorale come strumento atto a scegliere gli uomini giusti per guidare il territorio. «Non è giusto», tuona Salvatore Geremia, sindaco uscente di Rocchetta e Croce che si ricandida per il rinnovo del consiglio comunale. Suo competitor Salvatore D'Antico con la lista "Uniti per Rocchetta e Croce" e altri sei candidati alla fascia tricolore con relative liste di aspiranti consiglieri comunali sconosciuti ai più. E proprio questi "forestieri" potrebbero entrare in Assise. «Non è giusto ripete il sindaco . E ora che hanno ricusato la lista di D'Antico perché non ha rispettato la quota rosa, imposta anche ai Comuni fino ai mille abitanti con sentenza della Corte costituzionale di due anni fa, io mi troverò a governare con un'opposizione fatta di gente, proveniente dal Frusinate e dal Lazio, che non ha alcun interesse per questo territorio, con dei militari che hanno scelto di candidarsi solo per avere un mese di vacanza e che diventeranno consiglieri di questo Comune anche con zero preferenze. Ma cosa aspettano i nostri parlamentari per cambiare questa situazione. Ho scritto anche all'Anci ma non ho avuto risposte. Eppure - spiega il sindaco Geremia basterebbe equiparare i militari ai civili, a tutti i dipendenti pubblici per eliminare questo fenomeno. È un privilegio che proprio non capisco e che tra l'altro provoca un danno all'Erario non indifferente: solo per Rocchetta e Croce lo Stato dovrà pagare circa 200mila euro in un mese per lo stipendio di 66 persone che non faranno niente».

La fascia tricolore

E un grido d'allarme arriva anche dal sindaco di Roccaromana Nicola Pelosi. Anche lui si ricandida per la fascia tricolore e anche lui avrà come avversari 4 aspiranti sindaco "farlocchi". Pelosi è un finanziere e la presenza di liste di militari lo imbarazza non poco. «È una vergogna. Io ho le fiamme cucite sulla pelle e credo nelle istituzioni. Amministro questo paese da 15 anni, come consigliere, assessore e poi sindaco e credo sia necessario cambiare la norma e imporre la sottoscrizione delle liste anche nei Comuni piccoli. Ho già fatto presente la questione all'Anci e ritengo necessaria ora un'interrogazione parlamentare e anche che la questione sia attenzionata dal Prefetto. Chi crede nelle istituzioni si sente offeso dalla presenza di queste finte liste e questo penalizza anche i cittadini». E venerdì liste "civetta" scientemente organizzate da persone provenienti da fuori provincia e anche da altre regioni - sono state presentate negli uffici comunali dei borghi casertani di Ciorlano (6), Fontegreca (5), Tora e Piccilli (3) e Valle Agricola (1), delle piccole comunità irpine Parolise (3), Salza Irpina (1) e Torrioni (1), a Pietraroja (1) nel Beneventano e a Furore e Atri (4) nel Salernitano.

I soprannomi

E se le liste militari possono essere viste come un segno e un segnale di indifferenza e di estraneità al mondo della politica ma anche alle realtà sociali, piccole o grandi che siano, un'altra consuetudine mostra invece il senso dell'appartenenza, la necessità di un riconoscimento da parte della comunità che deve esprimere la propria preferenza per il candidato sindaco o consigliere. Si tratta dei soprannomi che vengono inseriti nelle liste al fianco del nome del candidato. Quei nomignoli o contranomi necessari per identificare e distinguere i vari soggetti in campo, per definire una persona in modo inequivocabile. E allora ben vengano i candidati "Papamondo", "Pappà", "Babbà", "Faele", "Monacuna", solo per citarne alcuni. In provincia di Avellino lo "scangianome" è diventato un distintivo. E guai a sbagliarsi quando si va alle urne.
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Il Mattino