La Campania, grazie ad una perfetta organizzazione nata dalla collaborazione tra clinici ed istituzioni, è la regione italiana con la più alta percentuale di...
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È questo uno degli argomenti che verrà trattato durante la settima edizione di “L’epatologia nel terzo millennio”, corso di aggiornamento organizzato dall’Ospedale Evangelico Betania con responsabile del corso il dottorErnesto Claar, in programma venerdì 16 e sabato 17 novembreal centro congressi della Università Federico II di Napoli (via Partenope) che vedrà confrontarsi alcuni massimi esperti in materia tra cui il presidente nazionale EpatiteC Ivan Gardini e l’anatomopatologo Luigi Terracciano che verrà da Basilea (Svizzera). A introdurre tra gli altri Mario Forlenza direttore Asl Napoli1.
Dal dicembre 2014 sono disponibili in Italia gli antivirali diretti di seconda generazione per la cura dell’infezione da HCV con cui sono stati trattati finora circa 155.000 pazienti; i risultati sono estremamente soddisfacenti. “Il problema, in ambito epatite C, con farmaci tanto efficaci è oggi, quello di raggiungere le persone non consapevoli dell’infezione per avviarle alla cura” dice Ernesto Claar, coordinatore nazionale della commissione Epatologia Aigo (associazione italiana gastroenterologi ospedalieri) e responsabile del corso. Restando alla Campania, il numero di soggetti affetti da HCV avviati alle cure fino allo scorso 11 ottobre è 20.194, con la percentuale di successo fissata al 98.2%: “Il dato è ancor più entusiasmante – prosegue Claar – se consideriamo che si riferisce ai pazienti con malattia di fegato avanzata e ad anziani (70-79 anni) che, fino aieri, hanno avuto la priorità. I soggetti con età inferiore a 40 anni trattati in Campania sono meno di mille ed è su questi che deve concentrarsi l’impegno dei prossimi mesi al fine di intercettare il sommerso e prevenire la diffusione dell’infezione. Continuare a garantire un adeguato accesso alle cure si traduce in una riduzione della migrazione sanitaria verso altre regioni. Anche per l’epatite B siamo in grado di controllare l’infezione e la progressione della malattia in percentuali vicine al 100%, ma rimane il problema dell’immigrazione da paesi in cui il vaccino per i nuovi nati non è obbligatorio, come invece è per l’Italia dal 1991”. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino