Napoli, Villa Comunale invasa dall'«erba del diavolo». Gli esperti: pericoloso mangiarla o fumarla

Napoli, Villa Comunale invasa dall'«erba del diavolo». Gli esperti: pericoloso mangiarla o fumarla
A lanciare l’allarme è Massimo Ricciardi, docente di botanica in pensione. In Villa comunale - assicura - ci sono decine di piante di “datura stramonium”,...

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A lanciare l’allarme è Massimo Ricciardi, docente di botanica in pensione. In Villa comunale - assicura - ci sono decine di piante di “datura stramonium”, più nota come “erba del diavolo” per le sue proprietà allucinogene, sedative e narcotiche. La scoperta durante uno dei tanti sopralluoghi che il professore napoletano mette a segno in quel giardino ormai abbandonato. E meno male che lo fa, altrimenti chissà quando avremmo scoperto che la Villa di Chiaia è invasa da una pianta assolutamente pericolosa per la salute. «In passato - si legge su una rivista specializzata - la “datura” era famosa per l’uso nei rituali magico-spirituali degli sciamani e delle streghe europee. L’assunzione avviene prevalentemente bevendo decotti o tisane ma può essere anche fumata o masticata. Dopo una sensazione di euforia e di esaltazione, spesso seguita da allucinazioni - conclude la nota - si può cadere in uno stato trans-ipnotico». Il professor Ricciardi, in una sola aiuola, di piante di “stramonium” ne ha contate almeno una decina: «E siate certi che in giro ce ne sono molte di più. - spiega il botanico - Attenzione, vanno estirpate subito. Proliferano a gran velocità: ogni volta che arrivano a maturazione liberano centinaia di semi». La conferma arriva da Matteo Lorito, direttore del Dipartimento di Agraria della Federico II: «Sì, è proprio quella, la pianta. Non c’è alcun dubbio. Il mio consiglio - dice Lorito - è di rimuoverla subito prima che un bambino possa ingerirla per gioco o, qualcuno, pensare di raccogliere le foglie e farne un altro uso». 


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La pianta - come spiegano gli esperti - è altamente velenosa a causa dell’elevata concentrazione di alcaloidi, presenti in tutte le sue parti e principalmente nelle radici e nei semi. «Passeggiavo per la Villa comunale alla ricerca delle piante di ailanto: - prosegue il professore Ricciardi - avevo letto che stavano invadendo il giardino di Chiaia mettendo a rischio l’intera vegetazione. Invece, dell’ailanto non ho trovato alcuna traccia - a meno che non mi sia sfuggita qualche pianta - ma ho scoperto ben peggio». In passato la “datura” aveva anche un uso terapeutico e consisteva nella preparazione di sigarette che contenevano foglie di “stramonium” e altre erbe medicinali per alleviare l’asma bronchiale, finché non furono evidenti gli effetti collaterali e la dipendenza che i pazienti subivano inevitabilmente fumando tutti i giorni quelle sigarette.

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«Ricordo - aggiunge Ricciardi - che qualche tempo fa due studenti, in Veneto, dopo aver fumato uno spinello con le foglie di “stramonium” sono stati molto male». È proprio così. A essere accompagnati in ospedale furono due ragazzini di 15 anni: il primo ebbe una crisi convulsiva; l’altro finì in preda a tremende allucinazioni. La potente combinazione di agenti tossici presente nei semi della pianta può portare infatti a una paralisi respiratoria, fino al coma. Dopo le prime bugie gli studenti confessarono di aver fatto uso di “datura stramonium”. «I ragazzi - aggiunge il professore - avevano optato per la pianta, forse ignari del fatto che fosse particolarmente velenosa, accompagnando la “canna” con qualche bicchiere di troppo». Alla domanda: come può accadere che una pianta del genere abbia attecchito in Villa comunale, risponde il direttore del Dipartimento di agraria: «È chiaro che tutto questo succede quando c’è una manutenzione limitata del verde - spiega Matteo Lorito - un giardiniere la individua subito e, dunque, la rimuove prima che possa propagarsi. Il problema sorge quando i giardinieri sono assenti».


Non solo. Secondo il professore Ricciardi per portare via quelle piante è necessaria un’organizzazione più complessa rispetto a quella che prevede una normale squadra di giardinieri: «È una pianta velenosa - conclude il botanico - non può essere trattata come fosse erba da tagliare».
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Il Mattino