OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Dopo l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. la città di Ercolano venne investita da una nube di cenere rovente al punto da incenerire i corpi e vetrificare i cervelli delle vittime lungo il suo percorso.
Lo indicano i resti di legno carbonizzato, analizzati da un gruppo di geologi diretto da Guido Giordano, dell'Università Roma Tre, e dall'antropologo Pier Paolo Petrone, dell'Università Federico II di Napoli. I risultati, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, permettono non solo di avere una ricostruzione più precisa degli eventi termici associati alla storica eruzione, ma offrono anche importanti suggerimenti per migliorare la sicurezza delle persone che attualmente vivono nella zona rossa.
L'interazione tra la nube di cenere bollente e l'acqua di mare provocò il rigonfiamento della nube e la deposizione di ceneri raffreddate subito dopo, che avvolsero i corpi delle persone già morte a causa del calore estremo. I successivi flussi piroclastici, a temperature relativamente più basse, seppellirono progressivamente la città.
Proprio la tempistica di questi eventi sarebbe alla base della trasformazione in materiale vetroso del tessuto cerebrale di un abitante di Ercolano (scoperto negli ambienti di servizio del Collegio degli Augustali e descritto nel 2020 sul New England Journal of Medicine): l'estrema brevità del primo flusso piroclastico avrebbe infatti impedito che il tessuto cerebrale venisse completamente vaporizzato, mentre il lasso di tempo prima del successivo flusso piroclastico ha permesso il rapido raffreddamento necessario per la trasformazione in vetro.
Leggi l'articolo completo su
Il Mattino