La sua condanna per estorsione per conto del clan Gionta era diventata definitiva da alcuni giorni, ma ha provato ad evitare il carcere. I poliziotti però, l'hanno...
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I «VALENTINI»
Era lui, secondo l'Antimafia, uno degli esattori del clan Gionta, legato in particolare alla famiglia Chierchia, parenti proprio del nipote del capoclan e fondatore dei «valentini». I fatti contestati a Immola erano datati 2012. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il 37enne si era presentato più volte da alcuni commercianti per pretendere la rata del pizzo di Natale. «Un regalo per i carcerati», era la richiesta di Immola, per conto di alcuni detenuti del clan Gionta. Un contributo che il commerciante di turno titolare di un piccolo panificio era stato costretto a versare nelle casse della camorra tramite l'esattore di turno: 150 euro, dopo l'iniziale pretesa di 250. Sapendo dell'ormai imminente arresto però, Aristide Immola aveva tentato di darsi latitante. Per qualche giorno, in effetti, è risultato irreperibile alle forze dell'ordine, che avevano provato due volte a notificargli l'ordine di carcerazione. Poi, gli agenti del commissariato di Torre Annunziata, guidati dal dirigente Claudio De Salvo, hanno avviato le indagini sugli spostamenti del 37enne, riuscendo a scoprire in pochi giorni che Immola avrebbe fatto ritorno a casa proprio a Natale. Alcuni appostamenti nel rione Murattiano, poi il blitz e l'arresto.
GLI APPOGGI
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, Immola non si era mai allontanato da Torre Annunziata, provando a «scomparire» in città, sfruttando l'appoggio da alcuni amici e parenti, tra il rione sua roccaforte e i quartieri popolari della cittadina oplontina. Sentendosi sicuro poi, aveva deciso di trascorrere il Natale a casa con i parenti più stretti, ma i poliziotti lo stavano controllando e l'hanno bloccato nella sua abitazione. Immola non ha opposto resistenza, si è fatto ammanettare ed è stato subito accompagnato nel penitenziario di Secondigliano. Lì, uno degli esattori del clan Gionta comincerà a scontare i suoi 6 anni di carcere. La scorsa settimana, alcuni collaboratori di giustizia avevano ricostruito in aula come a Torre Annunziata «tutti pagavano il pizzo». Imprenditori e commercianti venivano taglieggiati con richieste estorsive che nel caso delle imprese più grosse, arrivavano a 50mila euro all'anno.
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Il Mattino