Le fabbriche di Napoli: Patrizia sfruttata per anni e costretta al licenziamento

Patrizia O.
Un mondo lontano dalle leggi in cui lo Stato è sola una parola di cinque lettere, ascoltata al telegiornale distrattamente mentre si pranza. Il lavoro tutelato è...

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Un mondo lontano dalle leggi in cui lo Stato è sola una parola di cinque lettere, ascoltata al telegiornale distrattamente mentre si pranza. Il lavoro tutelato è ancora una chimera in alcuni settori. I titolari delle aziende non cercano manodopera specializzata ma persone bisognose, disposte a lavorare duramente. Gli operai vengono reclutati nelle fasce deboli della società perché proprio l’esigenza li rende manipolabili. Nessun diritto del lavoratore viene concesso: giorni di ferie e di malattia non sono pagati e così si finisce per andare in fabbrica anche con l’influenza. 

Quella di Patrizia O. è solo una voce, ma racconta di un sistema marcio fatto di lavoro nero e di un clima irrespirabile. A Grumo Nevano, cittadina nota per la grossa presenza di industrie tessili e calzaturiere, rientrava nella normalità iniziare a lavorare fin da piccoli. Imparare il mestiere contava molto più dell’istruzione e si finiva per crescere troppo in fretta. Patrizia ha lavorato per anni in questa fabbrica gestita da padre e figlio, che oggi si trova a Frattamaggiore: «Sono stata sfruttata ma non solo io, eravamo in tanti. Nessuno si ribellava. Ho sopportato offese verbali e umiliazioni continue per 700 euro al mese. Avevo solo 14 anni quando ho cominciato a lavorare in fabbrica e a subire. Ero la più piccola però per loro ero grande e mi facevano lavorare duramente. Poi, finalmente, sono stata inquadrata ma la situazione non è migliorata. Per anni sono stata costretta a restituire la metà dello stipendio che mi veniva accreditato. A questo si aggiungevano le offese verbali, le umiliazione. Mi svegliavo già con l’ansia e la sera andavo a letto terrorizzata all’idea di dover riaffrontare tutto il giorno dopo». Due anni fa, poi, il colpo di scena: «Sono stata costretta al licenziamento. Ci trovavamo in periodo di Covid e lui aveva le mani legate. A 50 anni sono rimasta senza lavoro e devastata psicologicamente. Sto attraversando un periodo buio perché penso a tutto quello che ho subito. Ho stretto i denti per anni perché avevo bisogno anche di quei pochi spiccioli che mi dava». Patrizia non si arrende: «Ho sporto denuncia e chiesto anche l’intervento dell’Ispettorato del lavoro. La legge mi deve tutelare e io vado avanti. Oggi, ho ancora più forza di ieri perché sono mossa dalla sete di giustizia». 

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Il Mattino