Faida di Ponticelli, battaglia a colpi di tatuaggi

La discussione dinanzi ai giudici della prima corte di assise

Tribunale
Uno ha il tatuaggio di un fumetto, l'altro (la vittima) aveva il tatuaggio del nome della famiglia rivale. Uno è il presunto boss di Ponticelli, ritenuto mandante di un...

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Uno ha il tatuaggio di un fumetto, l'altro (la vittima) aveva il tatuaggio del nome della famiglia rivale. Uno è il presunto boss di Ponticelli, ritenuto mandante di un omicidio, l'altro è stato invece ucciso in quanto giudicato colpevole di aver piazzato una bomba sotto casa del boss. Sono questi i tasselli di un puzzle discusso pochi minuti fa, giovedì 21 marzo, dinanzi ai giudici della prima corte di assise.

Omicidio di Carmine D'Onofrio, in aula il presunto boss Marco De Micco, indicato come il capo dei bodo di Ponticelli (dal nome di un cartone animato in voga negli anni Novanta). Un delitto che risale ad ottobre del 2021, nel pieno della faida tra i De Micco e i De Luca Bossa. In aula, la ricostruzione del movente: venne piazzata una bomba sotto casa di Marco De Micco; in poche ore viene sequestrato e torturato un uomo del quartiere, che fa il nome di Carmine D'Onofrio (legato da stretti rapporti di parentela ai De Luca Bossa):

«E' stato lui - si sente dire in una registrazione - la bomba è opera sua». Il giorno dopo viene messo a segno l'omicidio. Difeso dall'avvocato Saverio Senese, Marco De Micco punta a dimostrare la propria estraneità all'accusa di essere il mandante del delitto. Uno scenario in cui gli esponenti di bande rivali si differenziano anche per l'uso di tatuaggi ben in vista. 

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Il Mattino