Falsi matrimoni, prima sentenza: condannato solo il finto sposo immigrato

Falsi matrimoni, prima sentenza: condannato solo il finto sposo immigrato
Falsi matrimoni alla quarta municipalità, arriva la prima sentenza per una delle truffe ai danni di ignari cittadini messe a segno tra il 2015 e il 2016 nella sede di via...

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Falsi matrimoni alla quarta municipalità, arriva la prima sentenza per una delle truffe ai danni di ignari cittadini messe a segno tra il 2015 e il 2016 nella sede di via Gianturco. Ma il Comune di Napoli viene condannato solo a cancellare le finte nozze dal registro dello stato civile. Un paradosso che continua, dopo lo scandalo scoppiato due anni fa, negli uffici della Municipalità a Poggioreale. Uno scandalo sul quale sono in corso le indagini della Procura partenopea, che sta passando al setaccio ben 92 casi di falsi matrimoni celebrati da una holding criminale proprio negli uffici pubblici della zona industriale.


La notizia della prima sentenza emessa dai giudici del Tribunale civile è venuta fuori spulciando proprio tra gli atti negli uffici municipali, pubblici e quindi accessibili. Come denunciato da Vincenzo Arino, legale e papà di Patrizia, che oggi 30 anni e che nel luglio 2015 scoprì di essere sposata a un egiziano. Ma, dopo che le indagini si erano arenate per circa un anno, ora a smuovere le acque è stato proprio il caso della giovane donna, che continua la sua battaglia per riavere la propria identità.

Così è venuto fuori un altro caso, per il quale è stata emessa una sentenza ad aprile 2017: la I Sezione Civile del Tribunale di Napoli ha stabilito che a risarcire una delle vittime, una 37enne, sarà esclusivamente l’immigrato ingaggiato dalla banda di delinquenti, un nigeriano di 46 anni, che dovrà pagare la somma di 3.367 euro per le spese processuali alla donna truffata.


Mentre il Comune di Napoli, dove si svolgeva tutto in presenza del funzionario dell’ufficio matrimoni e di due testimoni (ovviamente finti), è stato condannato solo a «cancellare la falsa unione dai registri del Servizio di stato civile», come si legge nella sentenza. Senza pagare cioè nulla e soprattutto senza rimuovere dall’incarico i dipendenti che furono coinvolti a suo tempo (luglio 2015) nello scandalo, che sono stati spostati in altri uffici della stessa municipalità.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino