Fase 2 a Napoli, il delivery vola con +250% di ordinazioni: «Ma non può bastare»

Fase 2 a Napoli, il delivery vola con +250% di ordinazioni: «Ma non può bastare»
Il boom del delivery: incremento del food a domicilio per i locali che hanno scelto di aprire i battenti tra il 27 aprile e il 4 maggio. L'impennata delle prenotazioni oscilla...

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Il boom del delivery: incremento del food a domicilio per i locali che hanno scelto di aprire i battenti tra il 27 aprile e il 4 maggio. L'impennata delle prenotazioni oscilla a seconda delle zone e delle tipologie di locale: si va per esempio da un «più 250%» di Giappo a Chiaia al «più 30%» della storica pizzeria Lombardi in centro storico, passando dal «più 40%» di Starita. Ma va precisato che non è un periodo di rose e fiori per i ristoratori: «Nei primi giorni di riapertura c'è stato un boom molto significativo - spiega Massimo Di Porzio di Fipe Confcommercio - ed era preventivabile dopo mesi in cui la gente non mangiava pizza. Poi la domanda è diminuita, vista anche la crisi economica. Non si può vivere con i soli delivery e take away».

 
Le richieste di iscrizione dei ristoratori napoletani alle app del food sono aumentate del 300% per Uber Eats, del 45% per Glovo e di 500 nuovi locali per Just Eat. E al boom delle app, risponde, almeno in questo inizio di fase 2, una grossa crescita della domanda dei consumatori. Dato incentivato dal fatto che la Campania è stata l'unica Regione in cui il lockdown del cibo a domicilio è stato totale fino al 27 aprile. «Siamo tornati all'attività - spiega Enrico Schettino di Giappo - Il take away non sta funzionando molto, perché l'attivazione del servizio da lunedì non è stata comunicata in maniera molto chiara. Il delivery invece è schizzato. Abbiamo una media di 300 prenotazioni al giorno su 10 punti in Campania, di cui 2 su Napoli. Nei primi tre giorni di consegne a Chiaia abbiamo dovuto rifiutare 3500 euro di ordini, nonostante i nostri 3 furgoni e i 3 riders di cui siamo dotati. Sul nostro fatturato il delivery pesava il 30% già prima del Covid, ora arriva al 250%. Esiste ancora il sabato: la gente ordina di più. Gli incassi sono comunque inferiori rispetto a prima: i numeri del ristorante sono lontani. I locali guadagnano anche sul vino. Un business plan reale lo potremo fare solo a fine mese». «Abbiamo creato da tempo un forno apposito per il delivery - dice lo storico pizzaiolo di Materdei Antonio Starita - a me sta andando forte. Il sabato sforniamo 720 pizze e 430 la domenica. Prima del coronavirus, le pizze che non si consumavano in locale erano circa 450. Il boom, però, è dovuto anche un po' all'astinenza della gente dalla pizza, la domanda si assesterà». «C'è una forte richiesta di pizza e stiamo lavorando bene con Uber Eats - racconta Ciro Salvo - Noi con 50 Kalò non abbiamo mai fatto consegne a domicilio, ma ora sforniamo 450 pizze al giorno, 600 di sabato. Sono dati incoraggianti, ma bisogna fare attenzione: gli incassi sono in calo e i numeri della domanda sono destinati a calare. Il picco di richieste di pizze è stato raggiunto dal 27 a oggi». 
 

Le criticità restano, e riguardano specialmente i locali storici, prestigiosi e a vocazione turistica. «ll funzionamento del delivery dipende dalla tipologia del locale - prosegue Di Porzio - I piccoli, che erano già organizzati con l'asporto, sono avvantaggiati. Al contrario dei grandi, che sono svantaggiati, visti i fitti e i costi alti dei prestigiosi locali al tavolo. Degli introiti il delivery li sta comunque portando: incassare 250 euro al giorno dà fiato. Ma per basare un locale sulle consegne va riorganizzata tutta l'attività, magari dando più spazio alla cucina e meno ai tavoli». «Il 2 maggio c'è stato un picco - dice Mario Pini di Lombardi a Santa Chiara - e in quel giorno abbiamo sfornato 110 pizze. Il delivery è un'opportunità: per il prossimo anno il contatto con il pubblico sarà complicato. Noi però siamo un locale dedicato ai turisti e dobbiamo riorganizzarci non solo distanziando i tavoli, ma anche con le prenotazioni al tablet. Stiamo valutando uno pseudo self-service, magari anche con una app». «Consegnare a domicilio una cucina gourmet come la nostra non è facile - osserva Monica Neri Mame Ostrichina - Perciò ci siamo spostati di nuovo sul sushi, che è un cibo perfetto per il delivery. La nostra sfida adesso sarà portare a casa una versione gourmet dell'asporto. La domanda è cresciuta molto nella prima settimana di attività e noi facciamo una ventina di ordini al giorno».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino