Fase 2 a Napoli, riaprono bar e ristoranti ma metà camerieri resta in cassa integrazione e chi lavora finisce part time

Fase 2 a Napoli, riaprono bar e ristoranti ma metà camerieri resta in cassa integrazione e chi lavora finisce part time
L'ottimismo della volontà contro il pessimismo della ragione. Per i tanti ristoratori che hanno ripreso ieri l'attività, dopo oltre due mesi di lockdown, la...

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L'ottimismo della volontà contro il pessimismo della ragione. Per i tanti ristoratori che hanno ripreso ieri l'attività, dopo oltre due mesi di lockdown, la voglia di ricominciare ha prevalso sulle incertezze per le nuove norme. Sono nove su dieci - secondo Confesercenti - i ristoranti che hanno riaperto le saracinesche. Ma per gli esponenti della categoria le incognite sul futuro prossimo sono esattamente le stesse dei giorni scorsi. I pericoli di un crac, a causa della crisi economica, coinvolgono non solo i titolari degli esercizi, ma anche i numerosi lavoratori del settore. Sono oltre 40mila- secondo la Cisl - i dipendenti a rischio. «Se non riparte il turismo in città, il 50% dei ristoranti - spiega il presidente regionale di Confesercenti Vincenzo Schiavo - dovrà chiudere. Sapremo tra un mese quali strutture potranno continuare e quali riterranno invece di non potercela fare».

 
Le riaperture riguardano solo una parte di cuochi, camerieri ed altri addetti. «Il 50% dei dipendenti è stato richiamato al lavoro, l'altro 50% è rimasto a casa», aggiunge Schiavo. Per i lavoratori continua, dunque, il periodo di inattività con la copertura - per quanto parziale e spesso tardiva - degli ammortizzatori sociali. Moltissimi ristoranti dovranno proseguire l'attività a scartamento ridotto, a causa delle norme sul distanziamento. «Su 50 posti, ieri ce n'erano 10 o 20», riprende Schiavo. E la riduzione dei posti a disposizione costringerà gli esercenti ad attingere in maniera più limitata alla forza- lavoro. «Dal mese di marzo gli esercizi sono stati chiusi per legge - sottolinea Gianpiero Tipaldi, segretario della Cisl di Napoli e provincia - e tutti hanno chiesto naturalmente gli ammortizzatori sociali previsti». Per la ristorazione, gli ammortizzatori sono quelli della Cassa integrazione in deroga o del Fondo di Solidarietà. Circa la metà dei lavoratori del comparto continuerà ad usufruire, dunque, degli ammortizzatori, anche se sussistono molti dubbi su quanti abbiano beneficiato realmente della Cig in deroga. Una misura di sostegno che in Campania è stata erogata, per il mese di marzo, solo al 25% dei richiedenti. Mentre per aprile e maggio, nonostante le recenti misure contenute nel Dl Rilancio, bisognerà attendere presumibilmente il mese di giugno. Ma, al di là dei dubbi sulla tempistica delle erogazioni, il discorso sui dipendenti dei ristoranti fatalmente si complica. Per quelli già richiamati dai titolari dovrebbe per forza di cose svanire la Cig e subentrare nuovamente la busta paga, come prima della pandemia. «Dovranno essere pagati regolarmente ed è quello che ci auguriamo, ma naturalmente i titolari e i lavoratori si stanno mettendo in discussione in questa fase così complicata», evidenzia Schiavo. Mentre i sindacati allargano il fronte. «La situazione è drammatica anzitutto per il crollo del turismo - riprende Tipaldi - e così potrà accadere che, se il ristorante è costretto ad operare a scartamento ridotto, su 10 lavoratori, due li tiene a casa con la Cig e gli altri 8 li fa lavorare part-time. E così la cassa integrazione va avanti ma non per il numero reale delle ore lavorate. Anche prima della pandemia, tante aziende dichiaravano lavoratori part time, e non full time come era in realtà. E quindi l'intervento dell'Inps è parziale. Il salario reale sarà meno della metà».
 

Quella dei lavoratori delle attività dedite alla gastronomia è, peraltro, una categoria con un basso tasso di sindacalizzazione e, perciò, più fragile rispetto ad altre. Ma, in ogni caso, bisogna evidenziare nuovamente i gravi pericoli ai quali è esposto il comparto in questo momento. Da tutte le associazioni di categoria vengono ribadite le difficoltà del settore. E i rischi sembrano tanto più alti nelle zone in cui era più elevata la presenza dei turisti. Sono circa 12mila, tra ristoranti e pub, gli esercizi censiti da Confesercenti a Napoli. Se il lasso di tempo di un mese indicato da Schiavo come una cartina di tornasole sullo stato di salute del settore sarà confermato, nei prossimi trenta giorni è a rischio il futuro di tantissimi lavoratori. Per la Cisl i dati sono drammatici. «Si tratterebbe - stima Tipaldi - di almeno 30 o 40mila dipendenti in difficoltà, cui si aggiungeranno quelli dell'indotto. Oltre a ristoranti, bar e pizzerie, bisogna considerare le aziende di catering, la parte di gastronomia degli alberghi e il turismo congressuale». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino