Che la situazione fosse complicata era chiaro da tempo. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Liquidità approvato dal Consiglio dei Ministri, le misure a...
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Nella lista nera della Prefettura sono già finite alcune imprese dell’area metropolitana che operano nei settori dell’edilizia, delle forniture di servizi, nella distribuzione alimentare e - dato che preoccupa - anche nell’ambito dello smaltimento di forniture sanitarie. Il grande business della raccolta dei rifiuti speciali, insomma, si conferma un business al quale le cosche di camorra non riescono proprio a rinunciare. In primissima linea nella ricognizione e acquisizione di elementi in grado da avviare le procedure di interdittiva antimafia c’è ovviamente la Guardia di Finanza, e in particolare il Gico (Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata). Ma al lavoro, ovviamente, c’è un gruppo interforze specializzato che fa capo alla Polizia di Stato, all’Arma dei carabinieri, senza contare il ruolo rilevantissimo affidato alla Direzione investigativa antimafia. In questo momento al vaglio di tutti questi investigatori ci sono centinaia di posizioni da verificare.
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Ribadiamo un concetto importante. In questa fase si tratta di approfondire indagini preventive, quelle che poi confluiscono - appunto - sulle scrivanie dei prefetti della regione. Altra cosa - e altro momento - sarà rappresentato dagli sviluppi di questi fascicoli, molti dei quali potrebbero poi diventare oggetto di altre inchieste, quelle coordinate dalle Procure distrettuali antimafia. Ma quel che conta, adesso, è la rapidità. Di fronte ai rischi di infiltrazioni mafiose, di soggetti che finiscono nella rete dell’usura, le interdittive servono a bloccare l’iter delle richieste di accesso al credito. Imponente il giro d’affari delle ditte finite già sotto la lente d’ingrandimento delle forze dell’ordine. E, stando alle prime indiscrezioni che filtrano dal comprensibile riserbo investigativo, emerge che il ricorso a soggetti prestanome, come pure a intestazioni di facciata sia lo strumento al quale più facilmente (e spesso comodamente) ricorre la criminalità organizzata per mettere le mani sui finanziamenti statali: un po’ come avviene nel caso in cui i clan tentano di concorrere alle gare pubbliche.
Proprio per questo ora si rivelano utilissime le banche dati, soprattutto quelle di Dia e Finanza. Un lavoro certosino che si può così ricostruire: si parte dall’analisi delle imprese, che sono poi le più colpite dalla crisi, e che quindi - in massa - stanno facendo ricorso al credito e ai finanziamenti statali. L’azienda che vuole ottenere accesso al Decreto Liquidità ha bisogno di una “liberatoria anagrafica”, per poter disporre della quale si deve far parte di una “white list” contenente ogni dato veritiero e utile: composizione degli apparati societari, nominativi di persone fisiche sulle quali scattano i primi controlli al casellario giudiziale e successivo screening finanziario. Operazioni delicatissime, che compongono un’alchimia d’indagine complessiva capace di stanare disonesti e malfattori. Dal lavoro di questi giorni - conferma al “Mattino” una fonte investigativa qualificata è emerso “un profilo di rischio molto alto” in relazione ai pericoli di inquinamenti mafiosi. Un giudizio severo, che va d’altronde in perfetta sintonia con la linea del rigore assunta dal prefetto di Napoli, Marco Valentini. Il quale - a giusta ragione - in ogni suo intervento ripete che “al primo punto dell’agenda della Prefettura resta la lotta alla criminalità organizzata”.
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Il Mattino