«Ha vinto la camorra». Con queste parole, Fabrizio Caliendo, imprenditore napoletano con un passato da testimone di giustizia, ha denunciato «la disfatta dello...
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Il Kestè a Pozzuoli ha chiuso e riaperto ben due volte, ostacolato da rinvenimenti di cartucce esplose, tentativi di incendio e persino colate di cemento e tufo per murare le finestre fino alla resa definitiva del proprietario Caliendo che ha cercato di vendere i locali. Ogni volta che veniva intavolata una trattativa per la vendita, puntualmente, i compratori sparivano dopo il primo incontro ma l’episodio più eclatante è stato quello denunciato alle autorità nel 2014. L’imprenditore interessato all’acquisto dei locali che, nel frattempo, venivano praticamente svenduti pur di arginare i debiti fiscali dell’azienda, fu intimidito. La frase che “non era caso che rilevasse l’attività in quanto altri erano interessati” e altre minacce, pronunciate da sconosciuti via telefono all’acquirente, fecero saltare gli accordi ad un giorno dalla firma del rogito.
Fabrizio si era ritrovato nuovamente punto e a capo, nonostante anni di lotta e denunce di furti con scasso, danneggiamenti alla struttura, minacce velate ed esplicite, finanche vessazioni da parte della Polizia Municipale di Pozzuoli e alcuni funzionari del Comune che successivamente fu sciolto per infiltrazioni mafiose. Il Kestè di Pozzuoli è stato poi venduto ad un prezzo stracciato ed è scomparso per lasciare posto ad un nuovo locale con la rassegnazione di Caliendo che sperava fino all’ultimo di lasciare il suo brand. Oggi, di fronte l’ennesima sconfitta, inflitta dallo Stato con la negazione dell’accesso al ‘Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive ed usura’, Fabrizio ha deciso di raccontare la sua storia. Non si tratta solo di 170mila euro di cartelle esattoriali che minacciano la sopravvivenza della sua attività anche a Napoli, dove ha denunciato un altro episodio di estorsione nel 2008, ma c’è di più.
Il ‘cancro’ che Fabrizio denuncia non è solo quello della camorra ma la condizione di essere doppiamente vittima, di uno Stato “disattento e sciatto”. Per questi motivi, ieri mattina, tra le mura del Kestè nel cuore del centro storico, l’imprenditore sostenuto dal FAI e affiancato dal suo avvocato, Alberto Saggiomo, ha reso noto il ricorso presentato al TAR del Lazio per il rigetto dell’istanza di sostegno che, a differenza del 2014, questa volta non gli è stata concessa. «La prima istanza di sostegno mi è stata elargita perché vittima di ‘intimidazioni ambientali’, dopo quasi 4 anni dalla richiesta nel 2001- conclude Fabrizio – oggi lo Stato ha rigettato la mia richiesta di aiuto nonostante la documentazione riguardo le intimidazioni agli acquirenti in fase di vendita, io chiedo aiuto e dovete far presto perché rischiamo l’ennesima morte dell’imprenditoria che lotta a camorra».
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Il Mattino