Scelsero il giorno di San Gennaro per nominare, nel 2010, il capozona su Forcella, Tribunali e Maddalena per conto dello storico clan Mazzarella. «Mi hanno consegnato le...
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La pena più alta è stata decisa per Salvatore Del Prete, per gli inquirenti ai vertici dell'organizzazione camorristica «con compiti di decisione, pianificazione e individuazione di tutte le azioni delittuose da compiere, obiettivi da perseguire, richieste da avanzare, mantenendo la cassa del clan e provvedendo alla distribuzione delle mesate agli affiliati»: 20 anni di carcere. A sette anni sono stati condannati Vittorio Cioffi e Rosario Cinque, accusati di aver fatto parte del clan. Per il resto l'elenco delle condanne è una lunga lista: Salvatore Amirante (12 anni di reclusione), Antonio Baldassarre (13), Assuntina Baldassarre (8), Giuseppe e Rita Baldassarre (rispettivamente 2 e 12), Rosario Baselice (7), Carmine Beneduce (5), Salvatore Brancaccio e Raffaele Sollo (10), Manuele Catino e Gennaro Orfeo (8), Pierina Cavataio, Annamaria Esposito, Monica Mingione, e Aniello Ferretti (6 anni e 8 mesi), Salvatore Ferretti (10 anni), Francesco Formigli, Ivan Palma Esposito, Mauro Mosca e Vincenzo Garofalo (16 anni di carcere), Salvatore Giuliano (7), Donato Lo Bascio Dell'Aquila (12 anni), Salvatore Marfè (12), Pasquale Nasti (10 anni e 8 mesi), Francesco Palermo (2 anni e 6 mesi), Francesco Rinaldi (14), Gaetano Panico (un anno e due mesi), Antonio Simonte (3 anni), Gennaro e Umberto Tubelli (rispettivamente 10 e 6 anni), Antonio Simonte (3), Salvatore Russomagno (6 anni). Assoluzione per Raffaele De Vincentiis, Alessandro e Giuseppe Del Prete, Massimiliano Carta, Felice Ferretti, Enrico Izzo, Valerio e Vincenzo Lambiase, Salvatore Marino, Antonio Sarnelli.
Il processo nasceva dall'inchiesta culminata il 3 marzo dello scorso in decine di arresti e arricchita con le dichiarazioni di Ferraiuolo quando decise di svenire i panni del ras e passare a collaborare con lo Stato. Si alzò così il velo sui segreti della camorra dei vicoli e sui primi fuochi della faida di Forcella. Una guerra che Ferraiuolo decise di rimandare a dopo l'Epifania perché, ha poi spiegato agli inquirenti, «erano le prime festività che trascorrevo a casa dopo un decennio e più, volevo stare in famiglia». La faida esplose nel 2011. In quel clima di conflitto si inserì anche l'omicidio avvenuto il 21 maggio 2012 in piazza Calenda a Forcella: la vittima fu Giovanni Saggese, giovane cognato di Ferraiuolo e l'episodio era tra i capi di imputazione al cuore del processo ma le accuse, in questo caso, non hanno retto e per quel delitto si dovrà riprendere a indagare. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino