Da Forcella a Ponticelli, caccia al superlatitante Lino Sibillo

Da Forcella a Ponticelli, caccia al superlatitante Lino Sibillo
Inutile bussare al portone di casa della famiglia, in via Santi Filippo e Giacomo: in quell'abitazione - che pure viene costantemente monitorata da carabinieri e polizia -...

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Inutile bussare al portone di casa della famiglia, in via Santi Filippo e Giacomo: in quell'abitazione - che pure viene costantemente monitorata da carabinieri e polizia - Pasquale Sibillo non c'è.


Si è allontanato poche ore prima che il 9 giugno scorso scattasse il blitz che portò in carcere una cinquantina di persone smantellando, di fatto, il clan dei bimbi di Forcella. Tra i destinatari del provvedimento dei pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Napoli c'era anche il suo nome, oltre a quello di suo fratello Emanuele, freddato con un colpo alla schiena in via Oronzio Costa nella notte tra mercoledì e giovedì: e adesso che è morto all'appello manca solo lui, «Lino».



Per qualcuno Pasquale Sibillo è un altro morto che cammina. Ma c'è anche chi sostiene che - anziché deporre le armi, magari costituendosi alla giustizia - starebbe organizzando la controffensiva per vendicarsi degli assassini del fratello. In ogni caso resta un pericoloso latitante da stanare.

E in questa caccia il cerchio si stringe giorno dopo giorno, ora dopo ora. Stando a numerose indiscrezioni convergenti, le forze dell'ordine ritengono che possa nascondersi a Ponticelli, esattamente nello stesso posto in cui aveva trovato rifugio anche Emanuele nelle settimane successive al blitz e dal quale sarebbe uscito cinque notti fa per andare incontro alla morte nel centro storico di Napoli. Si conferma così quell'asse del male tra gli ambienti della camorra di Forcella con il clan D'Amico, ancora forte e potente nella zona orientale al punto da riuscire a garantire protezione ai latitanti.



Un'ulteriore conferma giunge da quella motocicletta Transalp ritrovata abbandonata giovedì notte all'esterno dell'ospedale Loreto Mare, dove qualcuno aveva frettolosamente scaricato il corpo senza ormai più vita dello stesso Emanuele: ebbene il mezzo è risultato intestato proprio a un pregiudicato di Ponticelli, prima resosi irreperibile e successivamente identificato dagli uomini della Squadra mobile diretta da Fausto Lamparelli. "Non so come mai la mia moto si trovasse lì, fuori all'ospedale", si è giustificato con i poliziotti.



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