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«Ho sentito una “botta” mentre parlavo con un amico di Pianura, Pio era accanto a me, sulla mia sinistra, ho cercato di capire cosa fosse quella “botta” e ho messo a fuoco. A questo punto ho visto davanti a me lui...». Chi lui? «Pio Valda, quello lì», dice il superteste indicando il monitor sul quale spicca la sagoma di Francesco Pio Valda, ritenuto l’assassino del giovane pizzaiolo Francesco Pio Maimone, colpito a morte nel corso di una lite a Mergellina, il 20 marzo del 2023.
Un riconoscimento diretto da parte di Carlo Chiaro, il principale teste dell’inchiesta sul delitto di Mergellina, amico storico del ragazzo ucciso il 20 marzo del 2023.
Poteva tacere, come accade spesso nei processi in cui ci sono soggetti imputati per fatti di camorra o per omicidi, poteva appellarsi al “non ricordo” per lo choc subìto e per il tempo passato. E invece ha trovato la forza di confermare la versione resa quella notte alla squadra mobile, subito dopo aver soccorso il «fratello» ucciso. Parole nette, inequivocabili, che fanno piangere di commozione il padre della vittima.
Spiega Antonio Maimone: «Ho pianto di fronte al suo coraggio, ho visto Carlo crescere assieme a mio figlio Pio, il destino ha voluto che a morire fosse mio figlio». Prima Assise, presidente Annunziata (a latere La Posta), il testimone indica il presunto assassino Francesco Pio Valda e aggiunge: «Era a quindici metri da me, me lo sono trovato di fronte, ha continuato a sparare... e ha sparato con il braccio dritto ad altezza d’uomo, poi ho sentito la voce di Pio, mio fratello Pio: mi chiamava, diceva “Carlo, Carlo”, poi si è accasciato e aveva la mano all’altezza dello sterno. Gli ho aperto il giubbino, ho visto che c’era un buco al petto.
In quegli stessi istanti, una persona ha urlato “sangue sangue”, indicando il sangue a terra.
Le risate
Non è finita. Aula 115 sfilano i testimoni oculari. Tocca a Giuseppe Pistone, altro ragazzo di venti anni, amico storico della vittima. Quella notte era assieme a Carlo Chiaro e allo stesso Francesco Pio Maimone: «Valda indossava un cappello con visiera, vidi una pistola piccola (almeno rispetto a quelle cinematografiche)». È la volta di Agostino Ramaglia, titolare di uno chalet, uno dei locali pubblici attorno ai quali si è consumato il dramma di una giovane vita spezzata. Che accade a Mergellina?
«Quella notte - ha aggiunto - mi chiamò il mio collaboratore, urlava e mi disse che c’era stata una rissa, al punto che gli ordinai di chiudere i battenti, di serrare le porte del locale e di tornarsene a casa”». Ed è sempre il commerciante a parlare di «quelli di Barra, rione Traiano, Ercolano», che si sparpagliano attorno ai locali in modo fluido. Un mondo che si riproduce con le stesse movenze, gli stessi codici comportamentali ogni notte. Basta leggere quanto scritto un anno fa dal gip Maria Luisa Miranda, nell’eseguire gli arresti del gruppo che farebbe capo a Francesco Pio Valda: «A Napoli la movida è terra di conquista, la zona di Mergellina è contesa tra gruppi, tra bande che si confrontano anche per un semplice incidente».
Come per la storia delle scarpe sporcate. A gran fatica tocca a Luciano De Angelis - altro testimone convocato in aula - raccontare la scena del litigio. «Ho visto Valda che discuteva animatamente con un altro più grande, per la storia delle scarpe». Già, le scarpe: Qualcuno ha calpestato il piede di Valda, che reagisce male, ricordando che costano mille euro e incassando una risposta velenosa da parte del suo interlocutore («te ne compro altre dieci»).
Spiega invece Antonio De Rosa: «Ho visto un calcio nella folla, ne è nato un parapiglia e siamo scappati. Poi ci hanno inseguiti in auto, mi hanno dato un pugno, la mia auto era circondata». Udienza tolta, monitor ancora accesi, spicca la sagoma di Francesco Pio Valda, presunto killer e boss di Barra (è assistito dal penalista Antonio Iavarone): scherza, sghignazza guardando amici e parenti detenuti nel monitor della videoconferenza. Saluti, risate e il gesto delle manette con i polsi a croce.
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