Gaiola, a Napoli 120 chili di rifiuti in mostra: «Uno sfregio alla spiaggia più bella»

Una raccolta di rifiuti pubblica

I rifiuti
C'era di tutto, tra la spiaggia e le acque dell'area marina protetta della Gaiola. Bicchieri di plastica dei brindisi delle feste invernali, carte, assorbenti. Più...

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C'era di tutto, tra la spiaggia e le acque dell'area marina protetta della Gaiola. Bicchieri di plastica dei brindisi delle feste invernali, carte, assorbenti. Più o meno «120 chili di immondizia», secondo le stime del Centro Studi Interdisciplinare Gaiola onlus, che gestisce il parco del paradiso posillipino e che ieri ha organizzato una «mostra del dolore». Cioè una raccolta di rifiuti pubblica, cui hanno aderito una ventina di volontari, compresi Marevivo e Associazione Ammare. Poi tanti cittadini e mamme con bambini. Di solito, è il Csi che ripulisce l'area dall'immondizia che il mare restituisce alla Gaiola. L'iniziativa di ieri, però, serviva a sensibilizzare la collettività sulla «necessità di delocalizzare lo scarico di Cala Badessa spiega il presidente di Gaiola onlus Maurizio Simeone e, più in generale, di ammodernare il sistema fognario napoletano».

L'inverno è la stagione peggiore per il mare di Posillipo e Napoli Ovest. Di questi tempi, infatti, gli scarichi sono più perentori. È il bypass del collettore fognario cittadino, che scatta in caso di troppa pioggia. Parliamo cioè del «troppo-pieno di Calabadessa», che Simeone definisce «un sistema obsoleto». «Chiediamo da anni di chiudere lo scarico di Cala Badessa prosegue . Serve che venga delocalizzato in aree di minor pregio ambientale. Raccoglie le fogne di tutta Napoli Ovest, da Pianura, Soccavo, Fuorigrotta e Bagnoli». La rete fognaria napoletana, infatti «è mista continua il presidente del Csi Gaiola onlus Ciò vuol dire che nei collettori vanno a finire acque bianche e acque nere». Cioè, rispettivamente, le acque dei tombini e quelle delle abitazioni. «Quando c'è pioggia argomenta Simeone l'impianto non riesce a gestire la piena e finisce tutto a mare. Assieme ai liquami, quindi arrivano anche plastiche e dilavamenti stradali: tutto nel polmone biologico di tutta la costa napoletana. La Gaiola è l'unico punto in cui questo scarico non dovrebbe esserci».

Eppure, le prospettive non sono rosee. Non c'è un reale progetto di delocalizzazione del tunnel di scarico di Cala Badessa, che fu costruito nel 2001, giusto un anno prima che la Gaiola diventasse Area Marina Protetta. Da qui parte l'appello del Csi: «La questione va affrontata in maniera strutturale conclude Simeone bisognerebbe investire sulla rete fognaria di Napoli, troppo vecchia. Va costruito un depuratore o vanno realizzati interventi per separare le acque bianche dalle acque nere. In alternativa, a mare continuerà a finirci di tutto da queste parti: liquami, tombini e fogne. Ci aspettavamo un investimento dai fondi del Pnrr, che avrebbe giovato al futuro della città. Invece c'è un progetto che parla della costruzione di un secondo scarico in zona. È previsto il raddoppio del collettore dell'Arena Sant'Antonio, nella spiaggetta di Coroglio, a sinistra di Nisida, a 100 metri da quello già esistente. Siamo preoccupati: ci siamo già espressi per iscritto negativamente sul progetto, motivando scientificamente la nostra valutazione in quanto Parco della Gaiola. Chiediamo a Gaetano Manfredi di ragionare sull'opportunità di questa operazione. Le soluzioni alternative sono tante, e potrebbero non pregiudicare un'area così importante come la Gaiola. Per esempio, si potrebbe investire su un depuratore fatto con nuove tecnologie a Bagnoli, dove c'è spazio. Oppure si dovrebbero delocalizzare gli scarichi e portarli a largo. Non si può scaricare sulla linea di costa».

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Il Mattino