Gigi d'Alessio: «Sono contro i neomelodici. I giornalisti? Sono ridotti male»

Gigi d'Alessio: «Sono contro i neomelodici. I giornalisti? Sono ridotti male»
"Sono contro i neomelodici: non esistono. Dipendono dagli occhi di chi li guarda. Anche Ramazzotti e la Amoroso lo sono...

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"Sono contro i neomelodici: non esistono. Dipendono dagli occhi di chi li guarda. Anche Ramazzotti e la Amoroso lo sono allora, in quanto nazionalpopolari. Come lo furono Modugno e Villa. Secondo me invece cosa sono? Sono cantanti italiani con la fortuna di essere nati a Napoli".



E ancora: "I miei dischi si vendono come le auto della Fiat ma sono decisamente meglio. E se cantassi il disco di un altro non se ne accorgerebbero". E dichiara: "Sanremo lo vedo da casa: non ci vado neppure come ospite". E ironizza: "Ve lo direi se ci andassi, è una cosa bella mica un'appendicite".



Così Gigi D'Alessio ai microfoni de "I Radioattivi" (Ettore Petraroli e Rosario Verde - regia di Luigi De Giulio) in onda su Radio Club 91 e spiega: "Gli italiani stessi sono neomelodici: il termine in sé significa tutto e nulla, se n'è fatto un gran frullato. Per alcuni sono un gruppo di artisti da ghettizzare, per altri un artista rionale, un cantante di zona che non deve uscire da quella gabbia, per altri ancora è la nuova linea melodica della musica napoletana".



E attacca i giornalisti: "Non si può piacere a tutti: a chi piace pasta e ceci e a chi pasta e fagioli. Oggi internet ha dato purtroppo la parola a molti ... La categoria dei giornalisti è ridotta male se molti scrivono articoli sulla base di post presi da Facebook. Ma se ti fermi ai commenti di Facebook non esci neppure più di casa. Per fortuna poi in strada, fuori dalla realtà virtuale c'è l'affetto vero di persone vere. Così come c'è anche l'invidia ma la missione è convincere gli invidiosi e conquistare i nemici con il mio lavoro".



Quanto alle accuse di aver tradito le origini napoletane nella sua musica: "Se vuoi uscire dai confini devi farti comprendere ovunque e solo ora sono libero di cantare in lingua napoletana, dopo anni posso cantare quello che voglio, anche il disco di un altro, tanto non se ne accorgono". E conclude con un saluto a Sasamen augurandosi che "non si aggiunga mai una T finale". Leggi l'articolo completo su
Il Mattino