Gilda Ammendola, napoletana morta in cella a Parigi: «Non si è uccisa»

Condannata per droga, doveva scontare 4 anni ma è stata trovata impiccata

Gilda Ammendola
Aveva trascorso poche ore in carcere, poi aveva ottenuto il permesso di fare una telefonata ai suoi parenti. Aveva chiesto un pigiama, lentine a contatto e altri effetti...

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Aveva trascorso poche ore in carcere, poi aveva ottenuto il permesso di fare una telefonata ai suoi parenti. Aveva chiesto un pigiama, lentine a contatto e altri effetti personali, assicurandosi che nel giro di pochi giorni sarebbero arrivati. Poco dopo è stata trovata morta. Impiccata, all’interno della cella nella quale era stata condotta per scontare una condanna in primo grado. Un giallo, quello della morte di Gilda Ammendola, 32enne originaria di Ercolano (non di Portici come erroneamente indicato in un primo momento), deceduta all’interno del penitenziario parigino di Fleyry-Mèrogis lo scorso 22 gennaio. Un suicidio, secondo le autorità giudiziarie francesi, anche se sono diversi i nodi da sciogliere. E sono proprio i parenti della 32enne ad aver sporto denuncia, nel corso di un fascicolo che è attualmente aperto dalla Procura di Roma, ufficio che indaga sui casi di italiani scomparsi all’estero. Chiaro il ragionamento degli inquirenti romani, sotto il coordinamento del pm Eugenio Albamonte: si indaga per istigazione al suicidio, ipotesi investigativa grazie alla quale sarà possibile condurre l’autopsia sul corpo della ragazza. Un appuntamento fissato per la prossima settimana, quando anche la famiglia di Gilda Ammendola, rappresentata dal penalista Domenico Scarpone, potrà nominare un proprio consulente, nel tentativo di chiarire cosa è successo alla giovane donna. Non si tratta del primo accertamento, quello disposto sul corpo di Gilda, alla luce di quanto accaduto a Parigi, poche ore dopo la scomparsa della ormai ex detenuta. 



Stando alla procedura francese, un primo accertamento formalmente irripetibile è stato effettuato nelle ore successive il decesso, ma non in presenza di un legale o di un consulente di parte, la cui assistenza non è prevista dalla procedura penale francese. Ora si punta a ripetere la verifica (caso più unico che raro), sotto il coordinamento della Procura di Roma, al cospetto delle parti e dei loro legali. Inutile dire, che la famiglia di Gilda non crede alla tesi del suicidio. Sono troppe le domande rimaste senza risposte: che senso aveva chiedere effetti personali per poi togliersi la vita qualche ora dopo? E non è tutto. Chi conosceva la 32enne, era sicuro del suo trasporto per la figlia di appena sei anni ed è pronto a giurare che mai avrebbe potuto togliersi la vita. Ma torniamo allo scorso 22 gennaio. La donna è rinchiusa in cella solo da qualche ora, dove era stata reclusa per scontare una condanna a quattro anni per motivi di droga (circostanza non confermata dal legale della famiglia). Chiede la biancheria, fa ritorno nella cella, dove viene trovata impiccata. Ed è così che sono i poliziotti francesi ad avvisare la famiglia, che viene raggiunta da una seconda telefonata dal carcere parigino, questa volta con toni e contenuti decisamente più drammatici. Spiega il penalista Scarpone: «Siamo in attesa che venga eseguito l’esame autoptico la prossima settimana come ha disposto la Procura di Roma al quale parteciperà chiaramente anche un consulente di parte. Prima di quel momento non c’è nulla di nuovo», ha spiegato. 

Da quanto si è appreso a Parigi, da fonti a conoscenza dell’inchiesta che ha portato all’incriminazione di Gilda Ammendola, è risultato che la 32enne di Portici era stata arrestata nel luglio 2021 in un aeroporto francese per traffico di stupefacenti (ripetiamo: si tratta di circostanze non confermate da famiglia e legale di parte). Da allora, dal luglio del 2021, la donna era stata indagata e lasciata in libertà vigilata, e non si era mossa dalla Francia per tutta la durata del procedimento penale a suo carico.

Poi la condanna e la detenzione. Dopo l’autopsia, i francesi hanno restituito la salma della donna ai suoi familiari. Ora tocca alla magistratura di Roma fare tutto il possibile per accertare se si è veramente trattato di suicidio. Oppure se è un altro lo scenario nel quale Gilda ha perso la vita, e se ci sono responsabilità di altre persone. Un giallo, che ripropone l’attenzione sulla condizione dei detenuti nelle celle europee, anche alla luce della particolare modalità utilizzata per suicidarsi. È stata trovata impiccata, ma non è chiaro cosa avrebbe usato per togliersi la vita. 

Non ci sono lacci o corde in cella, ma potrebbe essere stato utilizzato un indumento intimo (come un reggiseno) per l’azione di soffocamento. Suggestioni e domande che ora attendono gli esiti dell’autopsia su un corpo che ha già subìto accertamenti irriperibili. Quanto basta a tenere in vita un’altra domanda: quanto può emergere, a distanza di due mesi, sugli ultimi istanti di vita di Gilda Ammendola? 

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Il Mattino