Giovanni Costanzo, 24 anni: «Mio fratello ucciso dai clan a due anni, la tesi di laurea voglio dedicarla a lui»

La laurea in Fisica teorica all'università Federico II di Napoli

Giovanni Costanzo con la mamma
«Di Gioacchino mi hanno raccontato che amava tantissimo tirare calci ai palloni. Mamma mi ha detto che sembrava più grande dell'età che aveva. Il resto...

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«Di Gioacchino mi hanno raccontato che amava tantissimo tirare calci ai palloni. Mamma mi ha detto che sembrava più grande dell'età che aveva. Il resto è un vuoto. Ho provato a colmarlo dedicandogli la mia tesi di laurea. Ho devoluto a Libera, l'associazione di contrasto alle mafie, i soldi che avrei dovuto spendere per le bomboniere». Parole di Giovanni Costanzo, 24 anni, di Mariglianella.

Giovanni si è laureato recentemente in Fisica teorica alla Federico II. È il primo ad aver frequentato l'Università e ad aver conseguito un diploma in una famiglia che, ventotto anni fa, ha vissuto la tragedia della morte per mano della camorra di Gioacchino, un bambino di soli due anni. Era il 15 novembre 1995 e il piccolo fu ammazzato a Somma Vesuviana insieme con Giuseppe Averaimo, compagno della nonna materna e vero obiettivo dei sicari nell'ambito di una faida tra clan malavitosi. Averaimo era al posto di guida dell'auto a bordo della quale vendeva sigarette di contrabbando e teneva il bimbo sulle ginocchia quando sono arrivati i sicari e hanno aperto il fuoco. 

È stato Andrea America, che nel 1995 era sindaco di Mariglianella a dare notizia della laurea - con 110 e lode - di Giovanni Costanzo. «Se lo incontrate abbracciatelo - l'invito che ha diffuso sulla sua pagina facebook - e complimentatevi con lui. Allora ero sindaco e la notizia mi giunse tramite i vigili. Non vi racconto l'amarezza e il dolore che ne seguirono e l'impegno straordinario dell'amministrazione comunale. Da quel giorno, - scrive ancora America - dalla morte del figlioletto, mamma Maria aveva perso ogni espressione di felicità, non riusciva a darsi pace e si era ritrovata a fare i conti con la quotidianità fatta di miserie, stenti e sacrifici, con tre figlie da crescere e un marito manovale costretto ad emigrare al Nord. Ora finalmente ha ritrovato il sorriso, ma il suo pianto di felicità al fianco del figlio Giovanni, neo dottore, non è descrivibile. Uno di quei momenti che si stampano nel cuore e nella mente e solo chi li vive può raccontarli».

Giovanni è nato quattro anni dopo la morte del fratellino: «Non abbiamo mai celebrato una festa. - racconta - A Natale, per esempio, non si faceva l'albero. A Mariglianella, che è un piccolo centro, sono stato considerato il figlio concepito per sostituire l'altro. Mi è mancata la serenità di crescere in una famiglia normale. Una delle mie tre sorelle, e anche mamma, hanno sofferto di crisi d'ansia. Lei non andò a testimoniare per paura che i camorristi facessero del male a noi figli e anche questo mi è pesato. La mia è una famiglia semplice, poco istruita, ma non di malavitosi». 

Molto fiero del buon risultato ottenuto da Giovanni anche Andrea America che lo ricorda da ragazzo: «Ha sempre partecipato alle iniziative culturali e per la legalità, ha sempre condannato ogni forma di violenza e di prevaricazione, sostenendo che non bastano il cuore e gli slogan, per contrastare la criminalità organizzata, ma abbiamo bisogno di cultura, ricerca, scuola, lavoro, fratellanza e se possibile anche di una buona laurea. Adesso ce l'ha fatta e noi tutti siamo felici per lui».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino