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L’autostrada del Sole è un campo di battaglia. Da una sfilza di petardi e bombe carta esplosi nel pieno della carreggiata al chilometro 364, salgono al cielo diverse colonne di fumo bianco. Intorno grida, urla, spranghe, lame, scontri e centinaia di ultras a piedi, che si danno battaglia, rigorosamente in passamontagna, dopo «essersi dati appuntamento», come conferma a Il Mattino un ultras azzurro.
La circolazione è stata inevitabilmente chiusa sulla A1, con buona pace degli automobilisti costretti a una coda di 13 chilometri da questa guerra nata tutta nel segno del calcio, non giocato. Siamo tra Monte San Savino e Arezzo, precisamente a ridosso dell’area di servizio Badia Al Pino, nel primo pomeriggio della domenica appena passata. Proprio qui, nel 2007, fu ucciso Gabriele Sandri, un tifoso biancoceleste. Ma la Lazio non c’entra, in questa storia tesissima di tifo criminale. C’entrano napoletani e romanisti. E soprattutto c’entra la tragedia di Ciro Esposito, una delle più vive del calcio recente: il supporter azzurro fu ferito a morte il 3 maggio del 2014, a Roma, poco prima del fischio d’inizio della finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli all’Olimpico. La Questura di Arezzo, le cui indagini sono in corso, dai primi riscontri sostiene l’ipotesi di un agguato dei partenopei nei confronti degli ultras giallorossi. Uno di loro ha riportato una ferita da arma da taglio.
L’incontro era già nell’aria. Anzi, era quasi una promessa della domenica per gli ultras. Fabrizio (il nome è di fantasia) parla al Mattino mentre aspetta l’inizio di Sampdoria-Napoli nel settore ospiti di Marassi, poi sbancato dalla squadra di Spalletti per 0 a 2.
L’occasione era nota, insomma, e le vecchie ruggini tra le tifoserie tutt’altro che superate. «I fatti di Roma di otto anni fa non sono stati dimenticati – prosegue l’ultras azzurro – alla base di tutto c’è naturalmente la morte di Ciro, ucciso da un ultras romanista». Com’è noto, Daniele De Santis, l’autore dell’omicidio, è stato condannato a 16 anni, dopo la sentenza d’appello (che ha ridotto la pena di 10 anni rispetto alla sentenza di primo grado). Il tempo passa, ma il periodo del gemellaggio calcistico tra Napoli e Roma, insomma, a oggi sono sempre più lontani.
Il calcio e la violenza che si incontrano, purtroppo, nel nome della tragedia. Circa 30 veicoli di ultras romanisti, intorno alle 15 di ieri, erano fermi nell’autogrill di Badia Al Pino per una sosta di viaggio, prima degli scontri iniziati all’arrivo dei supporter azzurri. Trecento i tifosi coinvolti nella guerriglia. In queste ore, la Digos aretina sta analizzando le telecamere dell’area di servizio per individuare i responsabili delle violenze ed, eventualmente, per procedere con Daspo e altri provvedimenti. Non c’era nessun Napoli-Roma, ieri, sul rettangolo verde. Ma la tensione tra le due tifoserie è sempre viva ben oltre i livelli di guardia. Lanci reciproci di lacrimogeni e pietre. Poi scontri frontali con cinghie, bastoni, spranghe e coltelli. Il tifoso giallorosso rimasto ferito è stato subito trasportato all’ospedale di Arezzo in codice giallo. Altri ultras, identificati in prima battuta, sono stati fatti salire con su mezzi scortati. «Il desiderio di vendetta per Ciro Esposito è un sentimento sbagliato – commenta Francesco Borrelli, parlamentare dei Verdi – e viene rifiutato dalla stessa madre del trentunenne ucciso 8 anni fa. Non ci sono commenti da fare per una situazione del genere, ma solo un sentimento di sdegno profondo per questi soggetti che, senza alcun motivo, danno piglio alla violenza in modo gratuito e immotivato. Una vergogna. Ci auguriamo pene durissime per i responsabili. Solo con condanne pesanti possiamo prevenire episodi simili in futuro».
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