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E ieri pomeriggio arriva la conferma, anche se non ve ne era certo bisogno, che esistono due Pd. Uno a trazione deluchiana in queste ore lontanissimo dai vertici del Nazareno; l'altro, quello di Napoli, assai vicino proprio ai vertici del partito. Con quest'ultimi, ed è la prima volta in assoluto, che non si girano dall'altra parte e promettono, anche ieri sera, di occuparsi del caso De Luca. L'ha fatto prima il segretario nazionale Enrico Letta, poi ieri a Napoli il suo vice, l'ex ministro Peppe Provenzano. Che sottolinea, non a caso un paio di volte, anche come «il Pd di Napoli è un'altra cosa e questa platea stasera lo dimostra». Lo rimarca ad un'agorà democrat all'Istituto degli Studi filosofici dove, guarda un po', non si vede l'ombra di un democrat di stampo deluchiano manco a pagarlo oro. E se qualcuno è venuto apposta a Napoli anche da fuori regione, vedi Raffaele La Regina, 28enne segretario pd della Basilicata, al contrario non c'è nessuno del gruppo deluchiano. Né dalle province e nemmeno si fa vedere il segretario regionale Leo Annunziata. Ovvero chi, in queste ore, sembra a rischio commissariamento da Roma perché da due anni non riunisce i gruppi dirigenti. Una foglia di fico perché al partito nazionale non è mai andato giù che Annunziata abbia sancito a Benevento, da dirigente apicale del partito, il patto con Mastella alle comunali. Contro il candidato sindaco (poi sconfitto) del Pd che proprio Letta e Provenzano avevano supportato nella campagna delle amministrative.
Un fedelissimo del governatore che il Nazareno vuole ora esautorare. Anche per assestare un colpo contro l'ex sindaco di Salerno. Voci che circolano da giorni ma che da 48 ore hanno preso nuovo vigore. E starebbe per partire un pressing sui De Luca, il vicecapogruppo alla Camera Piero in particolare, affinché convinca il segretario campano del partito a farsi da parte. O altrimenti interviene il partito a norma di statuto.
«Certo che ho letto l'appello e con grande attenzione, come ha detto il segretario ci sono questioni anche importanti di cui ci occuperemo, anche se, comprenderete, in questi giorni aprire polemiche interne è fuori contesto.
E poi, nell'intervento finale, rimarca il concetto: «La sala di stasera (ieri, ndr) è la descrizione migliore rispetto a quello che abbiamo letto in questi giorni sul partito. Occuparmene? Essere qui significa farlo». E via, a sottolineare, come «il Pd di Napoli è riuscito ad aprirsi alla società civile e rappresenta ora una comunità politica di riferimento». E sembra un altro riferimento contro quel Pd deluchiano ora finito nel mirino.
E prende le distanze anche Marco Sarracino, il segretario della Federazione napoletana. «Esattamente quattro anni fa venivamo dalla sconfitta più pesante della nostra storia e oggi, dopo dieci anni, abbiamo ripreso il comune di Napoli. Aprendoci all'esterno perché da soli non ce la facevamo», è l'incipit del ragionamento dove si sottolinea l differenza proprio con l'altra parte del partito, tutta autoreferenziale a trazione unica, ora nell'occhio del ciclone. Attaccato prima dall'esterno, ora messo in discussione dall'interno. «Questo Pd, quello di Napoli, non può essere accomunato a ciò che leggiamo in questi giorni sui giornali. Perché lo sforzo è stato formare un gruppo dirigente autonomo dove si può fare politica senza dover appartenere a qualcuno. E oggi - aggiunge - questo partito è un luogo aperto dove tutti possono concorrere alle decisioni». È una presa di distanza. L'ennesima. E che sancisce le distanze siderali ormai instauratisi tra i democrat. Un corpo solo tra Roma e Napoli ma lontanissimi da quel pezzo di partito radicato a Santa Lucia e le varie diramazioni deluchiane. A cominciare da Salerno. E anche per questo, è questioni di giorni, si accelera per risolvere il caso della poltrona del segretario regionale. Che potrebbe essere il prezzo di una pace. Comunque temporanea.
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