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La Campania dunque è zona rossa: ossia un luogo di massima espansione epidemica dove, a tutela della salute della popolazione, devono valere le massime restrizioni (lockdown) atte a garantire il distanziamento sociale necessario per spegnere i tanti focolai attivi. L'obiettivo è tirare il freno ai contagi troppo alti per essere fronteggiati con la rete sanitaria regionale che ha raggiunto il punto di rottura. Il salto è duplice: nel gioco dell'oca dei colori che indicano la gravità della situazione la Campania passa dal giallo direttamente al rosso saltando a piedi uniti l'arancione collocato nel mezzo. Cosa dicono i numeri (sono quelli relativi alla settimana dal 2 all'8 novembre) su cui è stata assunta questa nuova decisione? Cosa è cambiato negli indicatori presi in considerazione dal Comitato tecnico scientifico a distanza di meno di sette giorni dalla conferma della collocazione della Campania sul primo gradino, colorato di giallo appunto, della scala di intensità epidemica?
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A guardare il report stilato dai tecnici del ministero della Salute saltano subito all'occhio le nuove percentuali di occupazione dei posti letto, sia di degenza ordinaria sia di terapia intensiva. Entrambe hanno superato questa volta i valori di allarme (rispettivamente il 40 e il 30%) come del resto da noi segnalato a più riprese nel monitoraggio quotidiano. Un ulteriore indicatore cerchiato in rosso, nella valutazione di impatto della pandemia, è il dato relativo all'aumento dell'età media dei contagiati che ha oltrepassato la soglia dei 50 anni, fascia di età che evidentemente comporta un maggior rischio di mortalità. Così anche per i focolai nelle Rsa per anziani: nella settimana considerata sono stati riportati tre cluster attivi in strutture per lungodegenza contro nessuno nella settimana precedente. Preoccupano anche i focolai ospedalieri rilevati attraverso un sistema di alert dedicato. C'è infine l'indice Rt, quello che misura il tasso di diffusione del virus (corretto per tasso di ospedalizzazioni) che nella settimana considerata è stato mediamente di 1,62 per la Campania, dunque oltre la soglia critica di 1,5.
In pratica quello che era stato sin dalla fine di ottobre un nodo chiaro a tutti, ossia il grave sovraccarico della rete sanitaria e ospedaliera in Campania, avvertito dagli operatori in trincea, toccato con mano dai cittadini, adesso arriva con un ritardo di almeno dieci giorni al pettine dell'analisi algoritmica cui è affidato il semaforo automatico concepito a livello centrale per assumere decisioni.
A estendere l'analisi alla settimana successiva superando il paletto dell'8 novembre e proiettandoci anche alla successiva il trend epidemico è oggi in Campania stabile e tende a un rallentamento anche per le restrizioni già adottate su scuole e spostamenti interprovinciali. Ieri c'è stato il record di tamponi, ma praticamente lo stesso numero di casi del giorno prima: 4.079 contro 4.065, pari al 16 per cento di positivi contro il 17 per cento del giorno precedente. Purtroppo i morti salgono da 30 a 40, ma è un effetto dell'alto numero di casi giornalieri registrato da settimane anche se la percentuale di decessi resta costante, ancorata all'1 per cento, la metà del tasso nazionale. Aumentano di molto i ricoveri ma le terapie intensive scendono da 192 a 183 e ormai da una settimana lil tasso di occupazione delle aree di degenza critiche sono stabili oscillando fra 180 e 190. Un altro elemento saliente di cui tenere conto per monitorare la situazione è l'aumento del numero dei guariti che lasciano liberi altri posti. Venerdì scorso la differenza fra nuovi casi e i guariti era di circa 4.400, martedì è stata di 1.900. Se questa china sarà confermata una spia rossa accesa da almeno un mese potrebbe finalmente spegnersi negli ospedali. Anche l'indice Rt in Campania da una settimana è ormai vicino a 1, ancora in crescita lineare ma non più con il profilo esponenziale che galoppa. Qualcuno potrebbe ora tornare a chiedersi perché siamo in zona rossa se il virus da una settimana ha rallentato la sua corsa? Perché 4.000 casi al giorno sono troppi e non sono sostenibili per la quota, pur bassa ma costante, di ospedalizzazioni e di decessi. Questi ultimi peraltro inizieranno a scendere solo dopo due o tre settimane dalle restrizioni già adottate e quelle che scattano adesso.
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